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Parrocchia Mater Dei.
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Autore: Flavio Peloso

Uno speciale Anno giubilare Vincenziano è stato proclamato per celebrare il 350° anniversario del dies natalis di San Vincenzo de’ Paoli.


SAN VINCENZO DE' PAOLI
Affinità con Don Orione

Don Flavio Peloso


Don Orione definisce San Vincenzo de’ Paoli “il grande apostolo dell’Amore di Dio e dell’amore degli uomini, dei più abbandonati. San Vincenzo De Paoli è una delle belle stelle che risplendono nel firmamento della Chiesa, per la sua grande carità, per il suo grande cuore verso i più abbandonati, i più reietti, verso i poveri carcerati, verso i condannati. A tutti si diede nella carità di Cristo”.
Vincenzo de’ Paoli ebbe una vita avventurosa per tante ragioni. Nato a Pouy in Guascogna il 24 aprile 1581, fino a quindici anni fece il guardiano di porci per poter pagarsi gli studi. Ordinato sacerdote a 19 anni, nel 1605 mentre viaggiava da Marsiglia a Narbona fu fatto prigioniero dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi. Venne liberato dal suo stesso «padrone», che convertì.
Da questa esperienza nacque in lui il desiderio di recare sollievo materiale e spirituale ai galeotti. Nel 1612 diventò parroco nei pressi di Parigi. Fu fondamentale per la sua maturazione spirituale l'incontro con il grande Francesco di Sales. Alla sua scuola si formarono sacerdoti, religiosi e laici che furono gli animatori della Chiesa di Francia, e la sua voce si rese interprete dei diritti degli umili presso i potenti.
Promosse una forma semplice e popolare di evangelizzazione. Fondò i Preti della Missione (Lazzaristi) e insieme a santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità (1633). Diceva ai suoi sacerdoti: «Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto».
Per lui la regina di Francia inventò il Ministero della Carità. E da insolito «ministro» organizzò gli aiuti ai poveri su scala nazionale. Morì a Parigi il 27 settembre 1660 e fu canonizzato nel 1737.

Don Orione considerò San Vincenzo de’ Paoli, “venator animarum”, uno dei suoi santi patroni e ispiratori nel vivere ed animare le opere di carità.
Il primo incontro con la vicenda appassionante di questo Santo avvenne con la sua partecipazione, ancora chierico, alla Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli di Tortona, i cui membri venivano apostrofati in città come i “Paolotti”: “Quella benedetta Conferenza di San Vincenzo per me, chierico allora, fu una grande scuola ed esempio di carità e di fede vera, e mi sento come ristorare l’anima”. Anche in seguito, Don Orione collaborò, sostenne e fondò le Conferenze di San Vincenzo in diversi luoghi, in Italia come in Argentina.
Per Don Orione, San Vincenzo de’ Paoli è “il Santo che ancora oggi incarna presso il popolo l’idea della carità cristiana”. In una Francia piena di sofferenze e povertà, San Vincenzo suscitò un movimento di donne e di uomini al servizio degli ultimi. Egli non affidava tutto solo a Dio e al buon cuore dei volontari, ma intervenne anche sul piano politico e sociale per provocare attenzione e risposte anche civili ai grandi problemi dei poveri. Insieme, però, era attento a non precedere con l’iniziativa umana i piani di Dio, ma a “seguire passo passo la Provvidenza e mai prevenirla”.
Al vertice dell’esperienza cristiana San Vincenzo de’ Paoli collocava l’adempimento della Volontà divina “con santa indifferenza”. Chi ama diventa “uomo in agguato”, cioè concentra con tutte le sue forze per l’azione. Don Orione vivendo il medesimo atteggiamento diceva: “sto a vedere che carta mi gioca il Signore”.

Don Orione commentò ai suoi chierici “l’Oremus di San Vincenzo che dice:”O Signore, che allo scopo di evangelizzare i poveri e per restaurare l’ordine ecclesiastico avete dato a San Vincenzo l’onore di una grande fortezza apostolica, concedeteci, per i suoi meriti, che possiamo imitare i suoi esempi virtuosi. Dunque il Signore ha mandato alla Chiesa il grande Santo Vincenzo dei Paoli per portare il Vangelo ai poveri, per fare loro sentire la grandezza di Dio e degli insegnamenti dati da Gesù Cristo per coloro che sono poveri, per quelli che soffrono, per gli indigenti. Già altre volte vi ho spiegato quelle parole di Isaia che leggiamo in una delle Messe di Avvento, quando si legge che Giovanni Battista, per convincere i suoi discepoli che egli non era il Messia, li mandò da Gesù a chiedergli chi egli fosse. Ed egli rispose: Guardate le opere che faccio e riferitele a Giovanni! Fra le altre c’era questa: Pauperes evangelizantur!”.

Quando Don Orione parla della dimensione “politica” delle istituzioni di carità , aprendone gli orizzonti perché fossero “fari di fede e di civiltà”, cita l’esempio di San Vincenzo. “Ad un certo punto, come è accaduto a San Vincenzo de’ Paoli e allo stesso Beato Cottolengo, il sevizio di persone addette a istituzioni di carità, come codesta in cui ci siamo imbarcati a Genova, nel nome e fidati nella Divina Provvidenza, non può più bastare, e avremo sempre bisogno di avere altre persone, anche non religiose ma di buono spirito e (Dio volesse! ) anche di buone famiglie cioè di condizione civile che ci aiutino e che facciano dentro e fuori ciò che noi non arriviamo più a fare, o non possiamo fare”.

Infine, piace ricordare tre affinità tra i due santi.
Don Orione ricordava che “San Vincenzo de’ Paoli chiese a Dio di morire senza disturbare i suoi religiosi; difatti quando passò all’eternità quasi nessuno se ne accorse”. Senza disturbare chiuse la giornata terrena anche Don Orione che volle “morire d’in Piedi”, come soleva dire.
Don Orione tanto fece e si sacrificò per le vocazioni; tra le sue frasi ripetute c’è quella di San Vincenzo de’ Paoli: “Nessuna opera è così bella e così buona quanto l'aiutare a fare un prete”.
Un’ultima convinzione condivideva con San Vincenzo de' Paoli che «Iddio, al fine della vita, toglie il timore della morte a quelli che hanno esercitato la carità verso il prossimo».

Don Flavio Peloso

LINKS:
Don Orione: La virtù della CARITA'
Il valore culturale della carità (Card. Tettamanzi)
Carità: la migliore apologia della fede cattolica

 

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