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Parrocchia Mater Dei.
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Nella foto: Gesù con gli apostoli (Duccio di Boninsegna).
Autore: Flavio Peloso

Al tema della salvezza risponde il documento "Placuit Deo" (1.3.2018).

SULLA VIA DELLA SALVEZZA

O SU SENTIERI IMPERVI E INTERROTTI?

Invito alla lettura e considerazioni su Placuit Deo,

un importante documento sulla dottrina cristiana della salvezza.

 

La buona notizia della salvezza ha un nome e un volto: Gesù Cristo, Figlio di Dio Salvatore”. È il tema di Placuit Deo (Piacque a Dio), il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla salvezza, presentato il 1° marzo 2018, nella Sala Stampa della Santa Sede, in Vaticano.

Il documento intende esporre la dottrina della fede cattolica circa la salvezza per rispondere “sia all’individualismo di tendenza pelagiana”, che “tende a vedere l’uomo come essere la cui realizzazione dipende dalle sole sue forze”, e sia "all’individualismo neo-gnostico che promette una liberazione meramente interiore”.

Sono tendenze largamente diffuse nella cultura attuale che accetta e presenta Gesù solo come un modello idealistico di Uomo e apprezza il cristianesimo come una fonte etica per raccogliere i cocci della persona e della società, cadute in balia del proprio pensiero debole (senza verità) e del relativismo etico dove ognuno pensa e fa quello che vuole. Gesù non salva l’uomo solo facendogli sapere come dovrebbe essere, ma perché gli rende possibile essere quello che è mediante lo Spirito riversato nei nostri cuori con i sacramenti e la vita di comunione con lui.

Come più volte ricordò Benedetto XVI, “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva”.

Placuit Deo ci dice che Gesù Salvatore “non si è limitato a mostrarci la via per incontrare Dio, una via che potremmo poi percorrere per conto nostro, obbedendo alle sue parole e imitando il suo esempio. Cristo, piuttosto, per aprirci la porta della liberazione, è diventato Egli stesso la via: ‘Io sono la via’. Egli è Colui che trasforma la condizione umana, incorporandoci in una nuova esistenza riconciliata con il Padre e tra noi mediante lo Spirito”. Occorre entrare in questa via per avere la salvezza, “questa via non è un percorso meramente interiore”, ma “la salvezza consiste nell’incorporarci a questa sua vita”, ricevendo lo Spirito di colui che è, “allo stesso tempo, il Salvatore e la Salvezza”.

La via, “il luogo dove riceviamo la salvezza portata da Gesù è la Chiesa, comunità di coloro che, essendo stati incorporati al nuovo ordine di relazioni inaugurato da Cristo, possono ricevere la pienezza dello Spirito di Cristo”. Infatti, “la salvezza che Dio ci offre non si ottiene con le sole forze individuali come vorrebbe il neo-pelagianesimo (e una certa euforia antropocentrica, continuamente smentita, np) ma attraverso i rapporti che nascono dal Figlio di Dio incarnato e che formano la comunione della Chiesa”.

Extra Christo et Ecclesia nulla salus? Fuori di Cristo e della Chiesa non c’è salvezza? Certamente extra Christo et Ecclesia difficilis salus. Tant’è che il Signore Dio, nel suo piano di salvezza, ha mandato il suo Figlio a salvare il mondo e con la morte di croce. È lui la strada della salvezza. Fuori di lui si va per campi impervi e sentieri interrotti; fuori della pista solida, si cammina sulle dune indecifrabili e infide del deserto.

La mediazione salvifica della Chiesa è necessaria in quanto essa è il “sacramento universale di salvezza”, come ha insegnato il Concilio Vaticano II (LG 1 e 48; GS 45; AdG 1). “La partecipazione, nella Chiesa, al nuovo ordine di rapporti inaugurati da Gesù avviene tramite i sacramenti, tra i quali il Battesimo è la porta, e l’Eucaristia la sorgente e il culmine”. A partire da questa verità basilare del cristianesimo, deriva “l’inconsistenza delle pretese di auto-salvezza, che contano sulle sole forze umane” e, invece, la necessità della grazia dei sette sacramenti, con i quali “i credenti continuamente crescono e si rigenerano, soprattutto quando il cammino si fa più faticoso e non mancano le cadute”. “Grazie ai sacramenti i cristiani possono vivere in fedeltà alla carne di Cristo” ed essere salvati.

Dopo avere richiamate le affermazioni essenziali del documento, vorrei evidenziare due punti particolari molto importanti.

Il primo riguarda il problema del male. “La fede proclama che tutto il cosmo è buono, in quanto creato da Dio e che il male che più danneggia l’uomo è quello che procede dal suo cuore”. È il peccato, cioè “la separazione da Dio che porta alla perdita dell’armonia tra gli uomini e degli uomini con il mondo, introducendo il dominio della disgregazione e della morte”. Di conseguenza, “la salvezza che la fede ci annuncia non riguarda soltanto la nostra interiorità, ma il nostro essere integrale”, riguarda quella che gli ultimi pontefici chiamano l’“ecologia umana”.

Il secondo punto, riguarda la salvezza universale. Dopo avere affermato la necessità della salvezza, cui giungiamo mediante Gesù Cristo e attraverso la Chiesa e i Sacramenti, il documento Placuit Deo conclude ricordando che alla salvezza “Dio chiama tutti gli uomini”, e pertanto occorre “stabilire un dialogo sincero e costruttivo con i credenti di altre religioni, nella fiducia che Dio può condurre verso la salvezza in Cristo tutti gli uomini di buona volontà”, come si legge in Gaudium et Spes, dove ricorre 18 volte la parola “dialogo”.

Quindi, avanti, a passo sicuro, sulla via della salvezza che è l’unione con Cristo, nella Chiesa, mediante i sacramenti, il compimento della sua Parola e la carità, con grata riconoscenza ma senza integralismo orgoglioso perché Dio è Padre misericordioso sia di chi è sulla strada di Cristo e sia di chi cammina altrove. “Gesù volle morire a braccia larghe, tra cielo e terra, tutti chiamando al suo Cuore aperto, squarciato, anelando abbracciare e salvare in quel suo Cuore divino tutti, tutti. Dio, Padre, Redentore di tutto e di tutti!” (Don Orione).

Leggi il documento PLACUIT DEO.

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