Il femminismo di Don Orione.
Giornata internazionale della donna o festa della donna.
Nota di Don Flavio Peloso
Le origini della festa della Donna, fissata all'8 marzo, risalgono al 1908, quando, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme.
Negli Stati Uniti la prima e ufficiale giornata della donna fu celebrata il 28 febbraio 1909. In alcuni paesi europei la giornata della donna si tenne per la prima volta il 19 marzo 1911 su scelta del Segretariato internazionale delle donne socialiste.
Siccome l'8 marzo 1917 - le donne russe guidarono la grande manifestazione a San Pietroburgo che rivendicava la fine della guerra e che, con le successive manifestazioni di massa, diedero l'inizio della «Rivoluzione russa» che portò al crollo dello zarismo, la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste (1921), fissò all'8 marzo la «Giornata internazionale dell'operaia».
In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta nel 1922, per iniziativa del Partito comunista d'Italia. All'Italia, si deve la comparsa della “mimosa”, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo, come simbolo gentile della festa. Fu scelto da alcune promotrici del femminismo in Italia per la giornata della donna dell'8 marzo 1946.
È a partire dal 1975 che le Nazioni Unite riconobbero nell'8 marzo come giornata dedicata alla donna.
Oggi la festa ha perso molto la sua carica sia ideale che ideologica, finita nel macero del consumismo che l'ha inserita nel suo calendario commerciale.
Don Orione e il femminismo cattolico
In ambito cattolico, la giornata dell'8 marzo è stata guardata e partecipata con molte riserve, proprio a motivo della sua connotazione ideologica e dell'umanesimo soggiacente spesso in contrasto con quello evangelico cristiano. Un femminismo cattolico sorse quasi parallelo a quello social-liberale fin dall'inizio del 1900.
Anche Don Orione, già nel 1920, si occupò della questione femminile che egli vedeva congiunta alla questione della “famiglia cristiana”, considerata come “fortezza sociale”, come luogo di una coesione primaria, di cui la donna resta l'effettiva garante, di fronte a quelle tensioni e a quelle spinte disgreganti che egli andava constatando. “È cristiano, è caritatevole occuparsi del femminismo o meglio della famiglia cristiana. L'attacco contro questa fortezza sociale che è la famiglia cristiana, custodita e mantenuta dall'indissolubilità del matrimonio, ora latente ancora, vedete che domani diventerà furioso. Il femminismo è una parte ed importantissima della questione sociale, e il nostro torto, o cattolici, è quello di non averlo compreso subito. Fu grande errore”.
Don Orione, dall'analisi passava ai fatti nel promuovere i diritti e la giustizia delle donne, come testimonia il famoso “proclama alle lavoratrici delle risaie” del 1919.
Ben conoscendo la rivoluzione russa di San Pietroburgo, mossa dalle donne nel 1917, avvertiva sulla necessità di evitare le soluzioni nefaste che il femminismo ideologico imperante andava prospettando: “Il giorno in cui la donna, liberata da tutto ciò che chiamiamo la sua schiavitù, madre a piacer suo, sposa senza marito, senza alcun dovere verso chicchessia, quel giorno la società crollerà più spaventosamente all'anarchia più che non abbia crollato la Russia al bolscevismo. Troppa poca gente ancora comprende la questione femminista. Confessiamolo francamente, noi cattolici abbiamo trattato il femminismo con una leggerezza deplorevole”.
Il genio femminile in Don Orione
In questa alta stima della dignità e genio della donna nella società, trovo assai illuminanti alcune considerazioni della Prof.sa Roberta Fossati che, in tempi recenti, ha offerto i due più interessanti studi su Don Orione e la questione femminile .
La Fossati – in San Luigi Orione: da Tortona al mondo, 2003, p.249-272 – osserva come spesso si sottolinea come Don Orione, nelle sue numerosissime iniziative, fosse eccezionale nel saper utilizzare anche scarse risorse per ottenerne il massimo bene per gli altri, a partire dai più deprivati. In altre parole, anche chi si limita ad uno sguardo puramente “laico” resta colpito dalla capacità che ebbe di realizzare e proporre agli altri quel “ lavoro di cura ” che la sociologia contemporanea considera una delle migliori doti femminili e che, effettivamente, non si trasmette in genere che per “ via materna ”. Non potrebbe non restare colpito da come la fede cristiana si sia tradotta in Don Orione e in chi l'ha seguito in una pratica quotidiana che richiede continua attenzione, intelligenza, capacità di inventare soluzioni per ribaltare le condizioni di vita considerate tra le più umanamente “difficili” o “sfortunate” per tramutarle nel profondo.
Il ricordo del “ darsi da fare ” materno (di mamma Carolina), un darsi da fare che con le parole di oggi chiameremmo un “sapere pratico” femminile che permette una fiduciosa sopravvivenza alla famiglia, assimilato da lui, figlio maschio, viene rielaborato, da uomo adulto e prete, tanto da divenire una sua natura, un modo di essere sempre vivo, che si traduce in continua attenzione e disponibilità, risposta concreta ad ogni indigenza, materiale e spirituale. Splendida verità esistenziale!
“Mia madre mise a me, che ero il quarto figlio, i vestiti del mio primo fratello che ha tredici anni di più, e la povera donna, quei vestiti, li aveva fatti passare a tre altri, prima di me. Ma ci ha lasciato un po' di denaro, che, in parte, andò per i primi orfanelli della Divina Provvidenza, e ci ha cresciuti bene, all'onore del mondo, come si dice: tutti gli stracci li sapeva combinare e ci cavava dei vestitini, e la famiglia trionfava nella povertà onesta e discreta.”
E ancora, nel 1922, scrivendo a Don Adaglio, missionario in Terra Santa, così si esprimeva Don Orione, sempre avendo presente il modello materno reale e un modello materno ideale, al tempo stesso: “Bisogna che faccia un po' come le mamme, che cercano sempre di tollerare, di aggiustare, di pazientare e di rabbonire tra loro i figli, pur riconoscendo i torti di qualche figlio”.
Il senso materno dell'accoglienza e dell'accettazione serena della vita, apprezzato nella madre – osserva ancora Roberta Fossati -, si consolida nella venerazione della Madre divina di Gesù e si estende a modello di una accoglienza universale, di un “aprire le porte”: “La porta del Piccolo Cottolengo Argentino non domanderà a chi entra se abbia un nome, ma soltanto se abbia un dolore”.
Lo studio del pensiero di Don Orione riguardo alla questione femminile è dunque interessante. Si tratta di leggere i suoi scritti con attenzione al suo linguaggio, ai suoi modi espressivi che risentono del contesto storico diverso, ma traspare in lui il riconoscimento della dignità femminile, senza goffe enfatizzazioni.
Segnaliamo:
Roberta Fossati: Don Orione e donne del Novecento
La femminilità della donna cristiana in tre scritti di Don Orione