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Parrocchia Mater Dei.
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Il Sinodo è un evento. La sinodalità (camminare insieme) è il modo di vivere Nella Chiesa. Discorso del 18 settembre 2021 alla Diocesi di Roma.

PAPA FRANCESCO PRESENTA LA SINODALITA'

ALL’INCONTRO CON SACERDOTI E LAICI DELLA DIOCESI DI ROMA

18 settembre 2021

 

  • Come sapete, sta per iniziare un processo sinodale, un cammino in cui tutta la Chiesa si trova impegnata intorno al tema: «Per un Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione»: tre pilastri. Sono previste tre fasi, che si svolgeranno tra ottobre 2021 e ottobre 2023. Questo itinerario è stato pensato come dinamismo di ascolto reciproco, voglio sottolineare questo: un dinamismo di ascolto reciproco, condotto a tutti i livelli di Chiesa, coinvolgendo tutto il popolo di Dio.
  • Ascoltarsi; parlarsi e ascoltarsi. Non si tratta di raccogliere opinioni, no. Non è un’inchiesta. Si tratta di ascoltare lo Spirito Santo: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7). Avere orecchi, ascoltare, è il primo impegno. Si tratta di sentire la voce di Dio, cogliere la sua presenza, intercettare il suo passaggio e soffio di vita.
  • La prima tappa del processo (ottobre 2021 - aprile 2022) è quella che riguarda le singole Chiese diocesane. Per questo che sono qui, come vostro Vescovo, a condividere, perché è molto importante che la Diocesi di Roma si impegni in questo cammino. Sarebbe una figuraccia che la Diocesi del Papa non si impegnasse in questo, no? Una figuraccia per il Papa e anche per voi.
    Il tema della sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri.
    No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione. E quindi parliamo di Chiesa sinodale. Non lo dico sulla base di un’opinione teologica, neanche come un pensiero personale, ma seguendo quello che possiamo considerare il primo e il più importante “manuale” di ecclesiologia, che è il libro degli Atti degli Apostoli.
  • La parola “sinodo” contiene tutto quello che ci serve per capire: “camminare insieme”.
    Tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. Questo bisogna capirlo bene: tutti sono protagonisti.
    Uno dei mali della Chiesa, anzi una perversione, è il clericalismo che stacca il prete, il Vescovo dalla gente. Il Vescovo e il prete staccato dalla gente è un funzionario, non è un pastore.
    Con il discernimento, con le necessità, con la realtà della vita e la forza dello Spirito, la Chiesa va avanti, cammina insieme, è sinodale. È lo Spirito il grande protagonista della Chiesa.
  • C’è anche il confronto tra visioni e attese differenti. Non dobbiamo temere che questo accada ancora oggi. Anche oggi, c’è un modo rigido di considerare le circostanze, che mortifica la makrothymía di Dio, cioè quella pazienza dello sguardo che si nutre di visioni profonde, visioni larghe, visioni lunghe: Dio vede lontano, Dio non ha fretta. La rigidità è un’altra perversione, è un peccato contro la pazienza di Dio, è un peccato contro questa sovranità di Dio.
    Non dimenticate la formula usata al termine del concilio di Gerusalemme: “È parso bene allo Spirito Santo e a noi di…”. Così dovrete cercare di esprimervi in questo cammino sinodale. Se non ci sarà lo Spirito, sarà un parlamento diocesano, ma non un Sinodo.
  • Dobbiamo attuare un’ermeneutica pellegrina, cioè in cammino. Il cammino che è incominciato dopo il Concilio? No. È incominciato con i primi Apostoli, e continua.
    Quando la Chiesa si ferma, non è più Chiesa, ma una bella associazione pia perché ingabbia lo Spirito Santo. Ermeneutica pellegrina che sa custodire il cammino incominciato negli Atti degli Apostoli. Diversamente si umilierebbe lo Spirito Santo.
    Gustav Mahler sosteneva che la fedeltà alla tradizione non consiste nell’adorare le ceneri ma nel custodire il fuoco.
    C’è una felice formula di San Vincenzo di Lérins che, mettendo a confronto l’essere umano in crescita e la Tradizione che si trasmette da una generazione all’altra, afferma che non si può conservare il “deposito della fede” senza farlo progredire: «consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età» (Commonitorium primum, 23,9).
    Le realtà teologiche sono come l’acqua: se l’acqua non scorre ed è stantia è la prima a entrare in putrefazione. Una Chiesa stantia incomincia a essere putrefatta.
    Vedete come la nostra Tradizione è una pasta lievitata, una realtà in fermento.
  • La fase diocesana del processo sinodale è molto importante, perché realizza l’ascolto della totalità dei battezzati, soggetto del sensus fidei infallibile in credendo.
    Il buon pastore deve muoversi così: davanti per guidare, in mezzo per incoraggiare e non dimenticare l’odore del gregge, dietro perché il popolo ha anche “fiuto”. Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, o per ritrovare la strada smarrita. Ma stiamo attenti che, nella storia della salvezza, tutti siamo pecore rispetto al Pastore che è il Signore.
    L’esercizio del sensus fidei non può essere ridotto alla comunicazione e al confronto tra opinioni che possiamo avere riguardo a questo o quel tema, a quel singolo aspetto della dottrina, o a quella regola della disciplina. No, quelli sono strumenti, sono verbalizzazioni, sono espressioni dogmatiche o disciplinari. Ma non deve prevalere l’idea di distinguere maggioranze e minoranze: questo lo fa un parlamento. Quante volte gli “scarti” sono diventati “pietra angolare” (cfr Sal 118,22; Mt 21,42), i «lontani» sono diventati «vicini» (Ef 2,13). Gli emarginati, i poveri, i senza speranza sono stati eletti a sacramento di Cristo (cfr Mt 25,31-46). La Chiesa è così. Il Sinodo comprende tutti.
    Nel cammino sinodale, l’ascolto deve tener conto del sensus fidei.
  • Lo Spirito Santo nella sua libertà non conosce confini, appartenenze. La parrocchia è la casa di tutti nel quartiere, non un club esclusivo. Mi raccomando: lasciate aperte porte e finestre, non vi limitate a prendere in considerazione solo chi frequenta o la pensa come voi. Permettete a tutti di entrare… di camminare insieme: lo Spirito vi condurrà, abbiate fiducia nello Spirito. Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo: è il dialogo della salvezza.
    Preparatevi alle sorprese.
    C’è un episodio nel libro dei Numeri (cap. 22) che racconta di un’asina che diventerà profetessa di Dio. Gli ebrei stanno concludendo il lungo viaggio che li condurrà alla terra promessa. Il loro passaggio spaventa il re Balak di Moab, che si affida ai poteri del mago Balaam per bloccare quella gente, sperando di evitare una guerra. Il mago, a suo modo credente, domanda a Dio che fare. Dio gli dice di non assecondare il re, che però insiste, e allora lui cede e sale su un’asina per adempiere il comando ricevuto dal re di maledire Israele. Ma l’asina cambia strada perché vede un angelo con la spada sguainata che sta lì a rappresentare la contrarietà di Dio. Balaam la tira, la percuote, senza riuscire a farla tornare sulla via. Finché l’asina si mette a parlare avviando un dialogo che aprirà gli occhi al mago, trasformando la sua missione di maledizione e morte in missione di benedizione e vita.
    Questa storia ci insegna ad avere fiducia che lo Spirito farà sentire sempre la sua voce. Anche un’asina può diventare la voce di Dio, aprirci gli occhi e convertire le nostre direzioni sbagliate. Se lo può fare un’asina, quanto più un battezzato, una battezzata, un prete, un Vescovo, un Papa.

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