Piccole note pedagogiche per è vicino ai bambini per favorirne lo sviluppo morale.
LO SVILUPPO DEL SENSO MORALE NEI BAMBINI
Piccole note pedagogiche
Lo sviluppo del senso morale, cioè del senso del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, nei bambini è una tematica aperta in cui bisogna essere presenti.
Possiamo distinguere alcune fasi dello sviluppo morale nel bambino.
Nei primi anni di vita il bambino vive in uno stato di anomia morale, durante il quale non è consapevole di regole ma solo di quella biologica del “sto bene – sto male”.
Segue la morale egocentrica durante la quale il bambino si percepisce al centro e giudica ciò che è bene o male con il criterio del “mi piace – non mi piace”.
Solitamente, se è bene accompagnato da chi lo circonda, il bambino sviluppa una morale eteronoma, dai 5-6 anni circa, quindi la capacità di rispettare le prime regole soprattutto per rispetto all’autorità: “è buono è giusto perché lo dice la mamma, il nonno, lo dice Gesù”.
Infine, dai 9-10 anni sviluppa la morale autonoma, che matura con l’emotività, la ragione e la volontà, nella consapevolezza che le regole sono state insegnate perché hanno un valore in sé per il bene proprio e degli altri: "è bene, è giusto”.
In tutte queste fasi, sono importanti per lo sviluppo graduale e sereno della moralità i criteri di merito, eguaglianza e benevolenza che si consolidano in tappe successive ma che ben presto gli educatori devono usare.
Che ruolo svolgono in tutto questo le emozioni, le intuizioni e i sentimenti?
Di fronte a una situazione morale c’è una reazione emotiva seguita da una più lenta riflessione di valutazione/giudizio; spesso il bambino è travolto dalla reazione emotivo ed anche l’adulto, ad alta sensibilità emotiva, non fa fatica a giustificare il proprio agire morale.
Solitamente nella psicologia del senso morale ci si riferisce a tre ambiti:
Comportamenti aggressivi: è interessante comprendere come i bambini interpretano e giudicano i comportamenti sociali aggressivi. Già bambini in età prescolare sanno ragionare in termini di danno (se si tratta di aggressività fisica) o di giudizio morale (se si tratta di aggressività verbale-relazionale); a questo si aggiunge, a partire dai 6 anni, la valutazione di possibili ritorsioni o conseguenze.
Questi accenni ci fanno capire, almeno sommariamente, il fascino del processo di acquisizione del giudizio morale, che è insieme innato e appreso, individualmente percepito e relazionalmente condiviso.
Due fattori diseducanti il senso morale: 1) l’eccessivo relativismo morale che si astiene dal porre regore/valori; 2) i comportamenti che contraddicono i valori che si propongono e difendono.
Dobbiamo vigilare noi adulti perché il disimpegno morale ha vari modi per giustificare o spiegare in modo convincente perché tradiamo i valori in cui affermiamo di credere e che vogliamo trasmettere: si va dalle giustificazioni morali (“lo faccio per il tuo bene”), agli eufemismi, al dislocamento delle responsabilità, alla diffusione delle responsabilità (“Lo fanno tutti, perché non dovrei farlo io?”), fino ai meccanismi più nefasti, come il confronto arbitrario (“gli altri fanno peggio di me”), la de-umanizzazione e l’attribuzione di colpa alle vittime.
Oltre all’esercizio continuo della consapevolezza di noi stessi, cosa possiamo fare nel nostro rapporto con i piccoli, come genitori, educatori, in generale come adulti, per evitare di trasmettere un modello di comportamento disimpegnato?
Innanzitutto, dobbiamo essere educatori e non fare gli educatori. Dobbiamo curare il nostro personale processo di crescita per amore dei piccoli. Che grande opportunità!
La pedagogia ci dice che non è conveniente ricorrere troppo spesso alle punizioni né ai premi per i comportamenti dei figli, ma favorire la verbalizzazione di ciò che il bambino sta provando in quel momento e attivare la riflessione fiduciosa su quel che sta provando l’altro, facendo leva sui sentimenti di benevolenza che costituiscono un naturale patrimonio infantile.
In talune circostanze, per beni/mali gravi e urgenti, può essere necessaria un’azione coercitiva o una disapprovazione netta, quel che conta è cercare di raggiungere, attraverso il dialogo e l’osservazione costanti, una influenza ottimale, fino a quando essa non è più necessaria perché l’approvazione/disapprovazione per un certo comportamento sono avvertiti come provenienti dall’interno.
Anche il gioco e la lettura possono aiutare lo sviluppo e l’esercizio del ragionamento morale dei bambini, per favorire la cooperazione anziché la competizione, il desiderio di ciò che è buono/giusto.
La gioia, il rispecchiamento e l’insegnamento che un bambino può trarre dagli adulti significativi sono conseguenze spontanee e proporzionali a quanta libertà, fiducia e silenzio si concedono alla narrazione della sua esperienza e di chi la sta ascoltando. In fondo, la strada per facilitare lo sviluppo del senso morale è l’ascolto amorevole.