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DON ORIONE ET L'EUCHARISTIE: NOTES D'HISTOIRE ET DE SPIRITUALITE'

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Autore: Flavio Peloso

Tratto da:
Flavio Peloso, Don Orione e l’Eucarestia: appunti di storia e spiritualità,
in Congregazione delle Cause dei Santi, Eucarestia: santità e santificazione, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000, p.224-228.

DON ORIONE ET L'EUCHARISTIE: NOTES D'HISTOIRE ET DE SPIRITUALITE'

Święty Alojzy Orione: Zapiski z historii i duchowości Eucharystycznej


Don Orione e l'Eucarestia: appunti di storia e spiritualità



Don Flavio Peloso

Nell'importante documento della Conferenza Episcopale Italiana, Eucarestia, comunione e comunità, il n.47 ha per titolo "L'eucarestia educa al martirio". Vi si illustra il ruolo dell'eucarestia nella storia della santità cristiana. Dopo aver accennato ai "molti testimoni, a volte anonimi, di un amore al santissimo sacramento dell'eucarestia che ha sfidato ogni minaccia umana fino al coraggio del martirio", si afferma: "C'è poi tutta la schiera dei campioni della carità che contrassegnano costantemente il cammino nella storia: dal diacono Lorenzo, a s. Vincenzo de' Paoli, a don Orione". Il Beato Don Luigi Orione,[1] per quanto riguarda il mistero eucaristico, attinse e rinvigorì la grande dottrina e tradizione della Chiesa. Molto egli pregò, molto scrisse, molto praticò e diffuse la vita eucaristica. Ciò era in piena consonanza con la sua visione carismatica dell'"Instaurare omnia in Christo" (Ef. 1,10), orizzonte della sua
Piccola Opera della Divina Provvidenza, formata di religiosi, di suore, di istituto secolare, e del movimento laicale. Riportiamo alcuni appunti su alcune incarnazioni storiche particolari della sua "anima eucaristica".[2]


Fervori eucaristici giovanili

Fu educato a soda pietà eucaristica in seno alla sua famiglia. Basti un ricordo raccontato da Don Orione stesso. Sua madre, vedendo la poca pietà eucaristica di uno dei sacerdoti del paese (Pontecurone, AL), "un giorno andò in sacrestia e gli disse: 'Ci crede o non ci crede che quello che lei tocca è il Signore? Il Signore non si tratta così...".[3]
E quando, ragazzo, Luigi tornava da Messa, la Mamma gli chiedeva chi avesse celebrato. Se ascoltava che era stato quel sacerdote poco fervoroso, lo rispediva in Chiesa ad ascoltare un'altra Messa.
Orione fu poi per tre anni a Valdocco, all'oratorio di Don Bosco ancora vivente, dove la pietà eucaristica era coltivata in sommo grado. "Fui tre anni con Don Bosco, ma soltanto un giorno non andai alla santa comunione, avendo rotto il digiuno".[4]
Entrato nel seminario di Tortona, trovò ben altro clima spirituale: "Rimasi quasi scandalizzato di vedere che i chierici facevano la santa Comunione solo alla domenica e qualcuno al giovedì".[5] Don Orione si distinse per la comunione quotidiana. Lui solo; agli inizi suscitò negli altri supponenza, poi ammirazione e infine imitazione.
Fece il sacrestano della cattedrale, per mantenersi negli studi, e alloggiava sui voltoni della chiesa, con una finestrella che guardava all'altare del Santissimo. Come farà spesso in futuro, già allora amava sostare in adorazione durante la notte.


La Messa di Don Orione

E' senza dubbio una delle meraviglie più ammirate della vita di Don Orione. "Se avesse visto Don Orione a dire Messa... quell'uomo vedeva il Signore!", confidava Mons. Magnaghi.[6] Mentre Mons. Del Corno argomentava: "Ho assistito alla Messa di tanti sacerdoti, distinti per pietà, ma non ho mai provato un'impressione così profonda ed indimenticabile come da quella Santa Messa di Don Orione. Ho tirato questa conseguenza: Questo uomo è un uomo che merita fiducia, perché è un uomo che non scherza con Dio!".[7]
La fama della "Messa di Don Orione" si diffuse anche negli ambienti delle università romane. Succedeva, come vari testimoni hanno ricordato, che quando si spargeva la voce che Don Orione era a Roma e celebrava nella casa di Via delle Sette Sale, lasciavano l'Università per andare alla Messa di Don Orione, quella feriale, senza altra attrattiva che di vedere quello spettacolo di un uomo a tu per tu con Dio.
Io stesso ho ascoltato parole di grande stima da parte del Patriarca di Cilicia degli Armeni, S.B. Hemaiagh Ghedighian, il quale incontrò Don Orione quando, nei primi anni '30, studiava al Collegio Romano e all'Apollinare. Anche lui più volte si recò alla Messa di Don Orione.[8]
"L'azione vera del Sacerdote, quella per la quale egli è costituito dal sacramento dell'ordine sacro, è la celebrazione del santo sacrificio della Messa. Tutte le azioni più sante, prima e dopo, non valgono una santa Messa. Il santo Sacrificio eucaristico della Messa è il centro della religione cristiana, il cuore della devozione, l'anima della pietà, un mistero ineffabile che ci svela l'abisso della carità divina per cui Dio si dona realmente a noi, ci comunica generosamente le sue grazie e favori".[9]


Le Sacramentine adoratrici non vedenti

All'interno della sua Famiglia religiosa, Don Orione, nel 1927, fondò il singolare ramo delle Sacramentine adoratrici non vedenti.[10] Sono tutte e solo cieche, interamente dedite a "far compagnia a Gesù", come indicò loro il Fondatore.
"Sono il nostro forno di carità" spiegava ai suoi confratelli e suore, "facchini della Divina Provvidenza" impegnati nella carità attiva verso i poveri.
"Le suore Sacramentine vivono - leggiamo al n.15 delle loro Costituzioni -, nel cuore stesso della Chiesa. La loro missione specifica è l'adorazione, il ringraziamento, la riparazione, l'impetrazione in unione a Gesù mediatore e vittima: vivendo lo spirito eucaristico per una vera testimonianza di vita eminentemente apostolica, con vera pietà liturgica e nascondimento fecondo".[11]


L'Eucaristia è la scuola della carità

Convinto che l'Eucarestia "è il fulcro su cui si aggirano tutte le opere della giornata",[12] Don Orione avvertì fortemente lo stretto legame tra l'Eucarestia e l' apostolato della carità cui egli e la sua Famiglia religiosa si dedicavano.
Così come Gesù si è fatto pane per noi, anche noi dobbiamo diventare in Gesù pane per i fratelli. "Tutto deve essere basato sulla Santissima Eucaristia: non vi è altra base , non vi è altra vita, sia per noi che per i nostri cari poveri. Solo all'altare e alla mensa di quel Dio che è umiltà e carità, noi impareremo a farci fanciulli e piccoli con i nostri fratelli e ad amarli come vuole il Signore (...). 'Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, sta in me ed io in lui', ha detto Gesù. Vi è cosa migliore che rimanere noi nel Signore e il Signore in noi? (...) La migliore carità che si può fare ad un'anima è di darle Gesù! E la più dolce consolazione che possiamo dare a Gesù è di dargli un'anima. Questo è il suo regno".[13]
Don Orione, pertanto, fece della pietà e della frequentazione eucaristica (Messa, adorazione, brevi visite al tabernacolo, atti di lode e di riparazione, ecc.) l'elemento chiave della formazione religiosa ed anche della educazione della gioventù e del popolo.
"Davanti a Gesù cadono infranti gli idoli del nostro amor proprio, le nostre volontà ed ogni nostra passione. Davanti a Gesù fioriscono nella nostra anima anche le pietre e nascono le virtù cristiane. E' ai piedi di Gesù che si fortificarono tutte le anime che vollero seguirlo più da vicino".[14]


La "visita eucaristica" per l'unione delle Chiese

Don Orione incluse già nelle prime costituzioni del 1904, dopo essersi consigliato personalmente con Leone XIII, una esplicita finalità "ecumenica", espressione del suo particolare carisma tutto teso a concorrere all'unità interna ed esterna della Chiesa, attorno al suo Pastore supremo, il Papa.
Tanto era sentita questa passione per l'unione delle Chiese, che Don Orione volle che un segno quotidiano la ricordasse. A tal fine, nel 1903, compose il testo per la per la "visita eucaristica" di metà giornata, preghiera "stabilita da Gesù Cristo medesimo per l'unione delle chiese separate (alludeva a Gv 17) e approvata dalla S.Chiesa per unire i suoi figli attorno al Suo Diletto e farli vivere in santità!".[15] Il testo invita a pregare "pel Nostro Santo Padre il Papa e l'unione delle Chiese separate".[16]
La preghiera veniva recitata nelle comunità della Congregazione tutti i giorni, dopo il pranzo, durante la "visita di adorazione al Santissimo".[17] La tradizione di questa preghiera denota come Don Orione avesse chiaro che l'unità della Chiesa non fosse solo frutto dello sforzo umano, ma soprattutto grazia di Dio, frutto di quell'azione misteriosa "conglutinante" (parola a lui cara) che si irradia dal mistero della croce e della presenza eucaristica.[18]


Al Congresso Eucaristico internazionale di Buenos Aires

Era l'anno 1934. Don Orione fece il viaggio in nave insieme al Segretario di Stato e Legato del Papa al Congresso, il Card. Eugenio Pacelli (poi Pio XII), e ad altri alti Ecclesiastici in rotta verso l'Argentina. Il viaggio si trasformò in un corso di esercizi spirituali; Don Orione ne divenne l'animatore.
Poi, quel Congresso Eucaristico di Buenos Aires fu un trionfo e un simbolo. Di fatto, è considerato l'atto di nascita della Chiesa argentina moderna. Attorno alla monumentale croce e all'altare, eretti nello scenario dei "Giardini Palermo", ben 1.200.000 persone (il 60% degli abitanti del fuoco laicista che era Buenos Aires) ricevette la comunione. Fu una pubblica manifestazione della identità cristiana di questo popolo; fu una sorpresa per il clero e per la gerarchia cattolica, che ripresero coraggio. Nacque, da quel contarsi davanti all'Eucarestia, un piano pastorale globale riassunto in tre direttrici: "Sacramentalizar, enseñar y gañar la calle".
In questo clima, gravido di possibili ed invocati sviluppi apostolici, Don Orione si trovò animatore ed attuatore. Numerosi Vescovi argentini riconobbero presto in Don Orione il battistrada di quella terza direttiva pastorale del gañar la calle [19] che più necessitava di ardimento, intraprendenza e santità. Gli aprirono le porte e sostennero in ogni modo.
Nei tre successivi anni di permanenza in Argentina, Don Orione fondò scuole popolari, orfanotrofi, Piccoli Cottolengo, vere cittadelle della carità, "fari di fede e di civiltà", secondo l'espressione a lui cara.


Poveri ed Eucarestia

Don Orione volle dare ai Piccoli Cottolengo, case di carità che accolgono malati mentali e fisici gravi, una intonazione di vita quasi “contemplativa” di fronte al mistero del dolore che configura a Cristo sofferente. Trasportò il concetto benedettino dell’ “ora et labora” nella vita movimentata, ma a suo modo serena e contemplativa, di un Piccolo Cottolengo. Tornava sul concetto che in queste Case vi deve regnare la “laus perennis” attraverso preghiere cadenzate lungo le ore del giorno, la celebrazione eucaristica e la comunione quotidiana, il lavoro e il sacrificio per la gloria di Dio.
“Cosa si fa al Piccolo Cottolengo? Si fanno Comunioni. Si prega e si prega! Laus perennis! Orate sine intermissione! La preghiera è il primo lavoro del Piccolo Cottolengo. Gli scemi, i cretini, gli idioti… voci che non sono parola, fanno pietà: Iddio le sa distinguere!”. [20]

Quante volte, scrivendo, Don Orione assicura i destinatari: “farò pregare i nostri poveri per lei”. E questo era il cambio – il più ambito – che tante persone distinte e altolocate nella Chiesa, nella cultura e nella società si aspettavano. Come credenti sappiamo che “il povero grida e Dio lo ascolta” (Sal 34, 7) e che “la preghiera del povero va dalla sua bocca agli orecchi di Dio” (Sir 21, 5).

“Vorrei che lasciaste nei nostri malati e ricoverati la pratica della santa Comunione sacramentale quotidiana. Deve essere un tributo giornaliero di fede e di amore dei nostri poveri a Gesù, che è rimasto in mezzo a noi pel suo grande amore verso le anime nostre. Il Piccolo Cottolengo di Genova deve essere un vero cenacolo ove si riceva Gesù sacramentato possibilmente da tutti, tutte le mattine… Il Piccolo Cottolengo deve essere tutto e solo basato sulla SS.ma Eucarestia: non vi è altra base, non vi è altra vita, sia per noi che per i nostri cari poveri”. [21]

Don Orione definisce le Case di carità “fari di fede e di civiltà… altro che la lanterna di Genova!”: la luminosità è data dalla particolare trasparenza di Dio nei poveri “svelata” dalla carità sofferta e offerta. Le chiama anche “nuovi pulpiti” da cui parlare di Cristo e della Chiesa, “nuove cattedre di civiltà”: è chiaro che i “maestri” sono i poveri, innanzitutto, gli altri sono collaboratori e inservienti.


“Vedere e servire Cristo nell’uomo”

E’ uno degli slogans più noti e ripetuti da Don Orione. Ma è la sostanza apostolica della sua Congregazione che – egli scrive – “è nata per i poveri... vive piccola e povera tra i piccoli e i poveri, fraternizzando con gli umili lavoratori. Suo privilegio è servire il Cristo nei poveri, più abbandonati e reietti”. [22] Altrove: “Tu l'hai voluta, e hai voluto servirti di noi miserabili, chiamandoci misericordiosamente all'altissimo privilegio di servir Cristo nei poveri; ci hai voluto servi, fratelli e padri dei poveri, viventi di fede grande e totalmente abbandonati alla Divina Provvidenza. E ci hai dato fame e sete di anime, di ardentissima carità: Anime! Anime!”. [23]

Prima dell’azione verso chi ha bisogno di cura, in Don Orione scatta la contemplazione della “imago Dei”, del volto di Cristo crocifisso, per cui il “servizio” al prossimo e il “culto” a Dio risultano non avere più dei confini tanto netti e separati, anzi si implicano e rafforzano reciprocamente. La medesima kénosis – nascondimento e rivelazione del Dio-con-noi - unisce il Crocifisso, l’Eucarestia e il Povero.
Questo mistero ritorna in tante espressioni, quasi spontanee e ovvie in bocca a Don Orione. “Tante volte ho sentito Gesù Cristo vicino a me, tante volte l'ho come intravisto, Gesù, nei più reietti e più infelici”. [24]
“Diventare un uomo buono tra i miei fratelli; abbassare, stendere sempre le mani e il cuore a raccogliere pericolanti debolezze e miserie e porle sull'altare, perché in Dio diventino le forze di Dio e grandezza di Dio”. [25]

Aveva fatta sua e citava con frequenza la frase di Padre Felice dei Promessi Sposi: "Avere l'alto privilegio di servire Cristo nei poveri e negli infermi ".[26] Questa è la motivazione evangelica nell'amore verso i poveri e i sofferenti: questi fratelli rappresentano Cristo nel Calvario, che si ripete oggi nella storia. Don Orione, quando serve e cura le loro ferite sa di curare e servire il Figlio di Dio. [27]

Una tale visione mistica del povero e della carità ispira anche il modo di trattare i poveri e bisognosi: "I nostri cari poveri... non sono ospiti, non sono dei ricoverati, ma sono dei padroni, e noi loro servi, così si serve il Signore".[28] Ciò si ripercuote anche nell’impostazione delle opere educative-assistenziali, con una intonazione quasi di templi sacri, di case di preghiera e di adorazione continua.

Sviluppare, restaurare, esprimere la “presenza divina nell’uomo”, radice ultima della dignità di ogni persona: questo è il nobile motivo dell’ agire educativo e caritativo. Viene da pensare alla contemplazione di Michelangelo che “vedeva” il Mosé dentro il masso informe di marmo e la sua azione era rivolta – e sostenuta nella fatica – a “tirarlo fuori”, a farlo emergere.

L’azione educativa, nei suoi diversi momenti e ambiti, ha sempre bisogno di contemplazione. "Io non vi raccomando le macchine; vi raccomando le anime dei giovani, la loro formazione morale, cattolica e intellettuale. Curatene lo spirito, coltivate la loro mente, educate il loro cuore!" [29].
"Amateli nel Signore come fratelli vostri, prendetevi cura della loro salute, della loro istruzione e d'ogni loro bene: sentano che voialtri vi interessate per crescerli (...) Non vi è terreno ingrato e sterile che, per mezzo di una lunga pazienza, non si possa finalmente ridurre a frutto; così è l'uomo".[30]
Don Ignazio Terzi, successore di Don Orione alla guida della sua Congregazione, ha fatto notare che vedeva in Don Orione lo stesso senso di adorazione e di sacro rispetto in tre tipi di circostanze: davanti all’Eucarestia, davanti ai Vescovi e al Papa, davanti ai Poveri.


L'eucarestia "pignus futurae gloriae"

Questo dono della santa Eucarestia Dio non l'ha riservato alle anime vergini o a dei privilegiati, ma l'ha dato per tutti e, quasi direi, di preferenza ai più deboli nella virtù e ai più doloranti; agli infermi di ogni languore, ai poveri, ai ciechi per ignoranza, agli storpi, a noi tanto imperfetti.
Sì, a noi afflitti da tanti mali spirituali, a noi tanto peccatori, a noi viene e si è dato il Dio di ogni santità!
Il nostro posto è dunque là, alla mensa del Signore! Là per esere guariti, là per essere illuminati, per essere consolati, nutriti e vivificati della sua stessa vita divina.
La Chiesa chiama questo sacramento "pignus futurae gloriae", pegno della resurrezione e della gloria futura.
Cos'è questa gloria futura? E in che consisterà quella resurrezione e felicità eterna che ci promette?
Non sarà, o fratelli, non sarà che una comunione continua: un'unione intima, perenne con Dio, da cui deriverà una conoscenza così perfetta che escluda il mistero. E' qualche cosa di sublime, di inebriante: è il Paradiso!
Ma unioni così intime non si possono addonare tutto ad un tratto. Anche quaggiù, quando si vuole stringere amicizia o unione, si va per gradi, precedono preliminari più o meno lunghi.
Ebbene, o fratelli e amici miei, anche la Provvidenza ci viene educando gradatamente a questa unione: l'Eucarestia è indirizzata ad abituarci ad essa; e la comunione eucaristica è il celeste pegno e il rannodamento di questa vita colla futura.
Eleviamoci dunque in alto, sino a quel sublime mistero e sacramento di amore, e andiamo umili e fidenti a Gesù: l'Eucarestia "è il pane di vita: chi mangia di questo pane, avrà la vita eterna".[31]


NOTE -----------------------------------------------

[1] Il beato Don Luigi Orione nacque a Pontecurone (AL), il 23.6.1872, e morì a Sanremo, il 12.3.1940. Per una conoscenza del Beato: Don Luigi Orione. Lettere, 2 voll., III ed., Roma, 1969. Papasogli Giorgio, Vita di Don Orione. (IV ed.), Gribaudi, Torino, 1994. Nel nome della Divina Provvidenza. Le più belle pagine di Don Orione, Piemme, Casale M., 1994. AA.VV. Sui passi di Don Orione, Dehoniane, Bologna 1996, Peloso Flavio, Don Orione. Intervista verità, San Paolo, Cinisello B., 1997. Peloso Flavio, Don Orione, un vero spirito ecumenico, Dehoniane, Roma, 1997. Sparpaglione Domenico, Il Beato Luigi Orione. (IX ed.). Paoline, Roma, 1998.

[2] Don Orione anima eucaristica è il titolo di una studio di Andrea Gemma, Messaggi di Don Orione, 55, Roma, 1983.

[3] Don Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza, I (1872-1893), Roma, p.58.

[4] Parola di Don Orione (Archivio Don Orione, Via Etruria 6, Roma) III, 222.

[5] Don Orione, o.c., I, 436.

[6] Summarium ex processu (Archivio Don Orione, Via Etruria 6, Roma), 2523.

[7] Summarium, o.c., 2524.

[8] Don Orione, un vero spirito ecumenico, o.c., p.85. Don Orione, a un prete angosciato dai problemi, indicò con naturalezzala soluzione: "Ma non hai la santa Messa? Non sei sacerdote?"; Summarium 2526. E spiegava: "Tante soluzioni vengono dall'altare, tante decisioni fioriscono sull'altare"; Summarium, o.c., 2527.

[9] Scritti di Don Orione (Archivio Don Orione, Via Etruria 6, Roma), Appunti del 1923, p.34.

[10] Attualmente sono riunite in 7 comunità in Italia, Spagna, Argentina, Kenia, Cile, Brasile, Albania.

[11] Cfr. Costituzioni art.4 e 15 in particolare.

[12] Parola, o.c., III, 35.

[13] Don Orione, Nel nome della Divina Provvidenza, o.c., p. 69-70.

[14] Parola, o.c., III, 71. Cfr. Sui passi di Don Orione, o.c., p.63-64.

[15] Scritti, o.c., 57, 223.

[16] Cfr. Scritti, o.c., 57, 112; anche 17.52.

[17] Tale tradizione continua tutt'oggi con l'uso della formula antica o di un'altra che ne riprende i temi di contenuto con nuovo linguaggio. Cfr. Comunità orionina in preghiera, Roma, p.11-14.

[18] Il Concilio Vaticano II definirà "la preghiera anima dell'intero movimento ecumenico", "genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati", Unitatis redintegratio 8, Ut unum sint 21-23.

[19] "Gañar la calle" (guadagnare la strada) significava "uscire in piazza", "andare al popolo" e la Chiesa in Argentina ne sentiva il bisogno per superare una certa "soggezione pubblica", retaggio di tanti anni di invadenza sociale, politica e culturale del liberalismo. "Fuori di sacrestia!" era invece il moto e l'originalità travolgente di Don Orione: "Dobbiamo andare al popolo e portare il popolo alla Chiesa per Instaurare omnia in Christo!" (Parola, o.c., VII, 91); "Fuori di sacrestia! Non perdere d'occhio né la Chiesa, né la sacrestia, anzi il cuore è là, là dove c'è l'Ostia..., ma con le debite cautele, bisogna buttarsi ad un lavoro che non sia più solo quello che fate in Chiesa" (Lettere, o.c., II, 77); "Opere di carità ci vogliono: esse sono la migliore apologia della fede cattolica" (Scritti, o.c., 4, 278).

[20] Scritti di Don Orione, 83, 1888.

[21] Lettere I, 535-538.

[22] Spirito di Don Orione 1,25.

[23] Nel nome della Divina Provvidenza, 155.

[24] Nel nome della Divina Provvidenza, 116.

[25] Nel nome della Divina Provvidenza, 82.

[26] "La carità non conosce limiti. Dio è padre di tutti, tutti figli di Dio, fatti tutti a sembianza d'un solo, figli tutti d'un solo riscatto... Chi vive la carità è contento e trova la sua felicità nel servire il Signore e i fratelli, gli uomini, tutti gli uomini senza distinzione, e con diligenza, con fervore, con celeste speranza" (Scritti 80, 281). La pagina più significativa al riguardo è quella dell’“Anime! Anime!", in Nel nome della Divina Provvidenza, 134-137.

[27] Cfr. Mt 25,31-46.

[28] Lettere I, p.367.

[29] Lettere II, p.558.

[30] Lettere II, p.22.

[31] Scritti 104, 256-257.




DON ORIONE ET L'EUCHARISTIE:

NOTES D'HISTOIRE ET DE SPIRITUALITE'


Don Flavio Peloso

 

Dans l'important document de la Conférence Épiscopale Italienne, « Eucharistie, communion et communauté », le n.47 a pour titre « L'eucharistie éduque au martyre ». Il y est illustré le rôle de l'eucharistie dans l'histoire de la sainteté chrétienne. Après avoir mentionné “beaucoup de témoins, parfois anonymes, d'un amour au très saint sacrement de l'eucharistie qui ont défié chaque menace humaine jusqu'au courage du martyre”, il affirme: “il y a ensuite tout le groupe des champions de la charité qui marquent constamment le chemin dans l'histoire: du diacre Laurent, à St.V incent de Paul, à don Orione”.

Le Bienheureux Don Luigi Orione, en ce qui concerne le mystère eucharistique, puisa à la grande doctrine et tradition de l'Église et la fortifia. Il pria beaucoup, il écrivit beaucoup, il la pratiqua beaucoup et répandit la vie eucharistique. Ceci était en pleine consonance avec sa vision charismatique du “Instaurare omnia in Christo” (Eph. 1,10), horizon de sa Petite Oeuvre de la Divine Providence , formée de religieux, de sœurs, d'institut séculaire et du mouvement laïque. Nous citons quelques notes sur certaines particulières incarnations historiques de son“âme eucharistique.”

 

Jeunes ferveurs eucharistiques

Il fut éduqué, dans sa famille, à une solide piété eucharistique. Il suffit un souvenir raconté par Don Orione même. Sa mère, ayant remarqué le peu de piété eucharistique d'un des prêtres du pays (Pontecurone, AL), “un jour alla à la sacristie pour lui dire: «  Vous y croyez ou pas que celui que vous touchez c'est le Seigneur? Ce n'est pas ainsi qu'on traite le Seigneur….” Et lorsque, garçon, Luigi revenait de la Messe , la Maman lui demandait qui avait célébré. Si elle entendait que c' été ce prêtre peu fervent, elle le renvoyait à l' Église écouter une deuxième Messe.

Puis Orione fut pour trois ans à à l'oratoire de Valdocco, Don Bosco étant encore vivant, où la piété eucharistique était cultivée au plus haut degré. “Je fus trois ans avec Don Bosco, mais un jour seulement, ayant rompu le jeûne, je n'allai pas à la sainte communion.”

Entré au séminaire de Tortona, il trouva tout autre climat spirituel: “Je fus presque scandalisé de voir que les clercs faisaient la sainte Communion seulement le dimanche et quelqu'un le jeudi.” Don Orione se distingua pour la communion quotidienne. Lui seul; aux débuts il suscita chez les autres indifférence, puis admiration et finalement imitation. Il fit le sacristain à la cathédrale, pour se maintenir aux études, et il logeait sous les combles de l'église, avec une petite fenêtre qui donnait vers l'autel du Très saint Sacrement. Comme il le fera souvent pendant sa vie, il aimait dès lors rester en adoration pendant la nuit.

La Messe de Don Orione

Elle est sans aucun doute une des merveilles la plus admirée de la vie de Don Orione. “Si vous aviez vu Don Orione célébrer la Messe … cet homme voyait le Seigneur!”, confiait Mgr. Magnaghi(1). Pendant que Mons. Del Corno arguait: “j'ai assisté à la Messe de beaucoup de prêtres, distincts pour piété, mais je n'ai jamais prouvé impression si profonde et inoubliable comme celle de la Sainte Messe de Don Orione. J'en ai tiré cette conséquence: Cet homme est un homme qui mérite confiance, parce que c'est un homme qui ne plaisante pas avec Dieu!.”

La réputation de la “Messe de Don Orione” se répandit aussi dans le milieux des universités romaines. Il advenait, comme l' ont rappelé des différents témoins, que quand se répandait la voix que Don Orione était à Rome et il célébrait dans la maison de Via delle Sette Sale, ils laissaient l'université pour aller à la Messe de Don Orione, celle des jours ouvrables, sans autre attrait que de voir ce spectacle d'un homme vis à vis de Dieu. Moi- même j'ai écouté des mots de grande estime de la part du Patriarche de Cilicie des Arméniens, S.B. Hemaiagh Ghedighian qui rencontra Don Orione lorsque, dans les premiers années '30, il étudiait au Collège Romain et à l'Apollinaire. Lui aussi se rendit plusieurs fois à la Messe de Don Orione.

L'action vraie du Prêtre, celle pour laquelle il est constitué par le sacrement de l'ordre sacré est la célébration du saint sacrifice de la Messe . Toutes les actions les plus saintes, avant et après, ne valent pas une Messe. Le saint Sacrifice eucharistique de la Messe est le centre de la religion chrétienne, le cœur de la dévotion, l'âme de la piété, un mystère ineffable qui nous dévoile l'abîme de la charité divine par laquelle Dieu se donne à nous réellement, en nous communiquant généreusement ses grâces et services.”

Les Sacramentines adoratrices non-voyantes

À l'intérieur de sa Famille religieuse Don Orione fonda, en 1927, la branche singulière des Sacramentines adoratrices non-voyantes. Elles sont toutes et seules aveugles, entièrement adonnées à “faire compagnie à Jésus”, comme leur indiqua le Fondateur. “Ce sont notre four de charité” il expliquait à ses confrères et sœurs, “porteurs de la Divine Providence ” engagés dans la charité active vers les pauvres.

“Les sœurs Sacramentines vivent –nous lisons au n.15 de leurs Constitutions -, dans le cœur même de l'Église. Leur mission spécifique est l'adoration, le remerciement, la réparation, la supplication en union à Jésus médiateur et victime: en vivant l'esprit eucharistique par un vrai témoignage de vie éminemment apostolique, avec vraie piété liturgique et une vie cachée féconde.”

La "visite eucharistique" pour l'union des Églises

Don Orione inclut déjà dans les premières constitutions de 1904, après avoir personnellement pris conseil avec Léon XIII, un but explicite “œcuménique”, expression de son charisme tout spécial tendue à concourir à l'unité intérieure et extérieure de l'Église, autour de son Berger suprême, le Pape. Tanto era sentita questa passione per l'unione delle Chiese, che Don Orione volle che un segno quotidiano la ricordasse. À nous but, en 1903, le composa les textes pour elle “visites eucharistique” du milieu du jour, prière "établie par Jésus Christ même pour l'union des églises séparées (le faisait allusion à Jn 17) et approuvée par la Ste Église pour unir ses fils autour de son Bien-Aimé et les faire vivre dans la sainteté"!.

Le texte préparé par Don Orione invite à prier “pour Notre Saint-Père le Pape et l'union des Églises séparées.” La prière était récitée dans les communautés de la Congrégation tous les jours, après le repas de midi, pendant la "visite d'adoration au Très saint Sacrement." La tradition de cette prière dénote comme Don Orione il eût clair que l'unité de l'Église ne fût pas seulement fruit de l'effort humain, mais surtout grâce de Dieu, fruit de cette action mystérieuse “conglutinante” (mot à lui cher) qui part du mystère de la croix et de la présence eucharistique.

Au Congrès Eucharistique international de Buenos Aires

C'était l'an 1934. Don Orione fit le voyage en bateau (Conte Grande) avec le Secrétaire d'État et Légat du Pape au Congrès, le Card. Eugenio Pacelli (puis Pie XII), et avec d'autres hauts Ecclésiastiques en route vers l'Argentine. Le voyage se transforma en un cours d'exercices spirituels; Don Orione en devint l'animateur. Puis, ce Congrès Eucharistique de Buenos Aires fut un triomphe et un symbole. De fait, il est considéré l'acte de naissance de l'Église argentine moderne. Autour de la monumentale croix et de l'autel, dressés dans le décor des “Jardins Palerme”, bien 1.200.000 personnes (60% des habitants de ce foyer laïciste qui était Buenos Aires) reçu la communion. Ce fut une manifestation publique de l'identité chrétienne de ce peuple; ce fut une surprise pour le clergé et pour la hiérarchie catholique, qui reprirent courage. A partir de ces rencontres devant l'Eucharistie on donna origine à un plan global pastoral résumé en trois directrices: “Sacramentalizar, enseñar y ganar le calle.”(Sacramentaliser, enseigner et gagner la rue)

Dans ce climat, porteur de possibles et invoqués développements apostoliques, Don Orione se trouva à en être l'animateur et le réalisateur. De nombreux Évêques argentins reconnurent bientôt en Don Orione la bande de roulement de cette troisième directive pastorale du gagner la rue qui avait besoin plus de hardiesse, d'esprit d'initiative et de sainteté. Ils lui ouvrirent les portes et le soutinrent de chaque manière. Dans les trois ans successifs de séjour en Argentine, Don Orione fonda des écoles populaires, des orphelinats, des Petits Cottolengo, vraies citadelles de la charité, “phares de foi et de civilisation”, selon l'expression à lui chére.

L'eucharistie est l'école de la charité

Convaincu que l'Eucharistie “est le coeur sur lequel tournent toutes les oeuvres de la journée”, Don Orione avertit le lien vivement étroit entre l'Eucharistie et l'apostolat de la charité auquel lui et sa Famille religieuse se consacraient. Comme Jésus s'est fait pain pour nous, nous aussi devons devenir en Jésus pain pour les frères. “Tout doit être fondé sur la Très sainte Eucharistie: il y n'a pas d'autre fondement, il y n'a pas d'autre vie, soit pour nous que pour nos chers pauvres. Seulement à l'autel et à la table de ce Dieu qui est humilité et charité, nous apprendrons à nous faire enfants et petits avec nos frères et à les aimer comme veut le Seigneur (...). ‘Qui mange ma chair et boit mon sang, demeure en moi et moi en lui, a dit Jésus. Il y a-t-il meilleure chose que de demeurer dans le Seigneur et le Seigneur en nous? (...) La meilleure charité qu'on peut faire à une âme c'est de lui donner Jésus! Et lq consolation la plus douce que nous pouvons donner à Jésus c'est de lui donner une âme. Ceci est son royaume.”

Don Orione, donc, fit de la piété et de la fréquentation eucharistique (Messe, adoration, brèves visites au tabernacle, actes de louange et de réparation, etc.) l'élément clé de la formation religieuse et aussi de l'éducation de la jeunesse et du peuple. “Devant Jésus tombent brisées les idoles de notre amour propre, nos volontés et notre passion. Devant Jésus fleurissent dans notre âme même les pierres et naissent les vertus chrétiennes. C'est aux pieds de Jésus qui se fortifièrent toutes les âmes qui voulurent le suivre de plus près.” Et il arriva à dire: “qui veut être Fils de la Divine Providence doit être fidèle en particulier à la Très sainte Eucharistie.”

Pauvres et Eucharistie

Don Orione voulut donner aux Petits Cottolengo, maisons de charité qui accueillent des malades mentaux et physiques graves, une intonation de vie presque “contemplative” devant le mystère de la douleur qui représente le Christ souffrant. Il transféra le concept bénédictin du “ora et labora” dans la vie mouvementée, mais à sa manière sereine et contemplative, d'un Petit Cottolengo. Il revenait sur l'idée que dans ces maisons y doit régner la “laus perennis” par des prières cadencées au long des heures du jour, la célébration eucharistique et la communion quotidienne, le travail et le sacrifice pour la gloire de Dieu.

“Qu'est-ce qu'on fait au Petit Cottolengo? On fait des Communions. On prie et on prie! Laus perennis! Orate sine intermissione! La prière est le premier travail du Petit Cottolengo. Les sot, les crétins, les idiots… des voix qui ne sont pas parole, ifont de la pitié: Dieu sait les distinguer!.”

Combien de fois, en écrivant , Don Orione assure les destinataires: “je ferai prier nos pauvres pour vous.” Et cela c'ètait l'échange–le plus ambitionné–que beaucoup de gens distincts et haut placés dans l'Église, dans la culture et dans la société s'attendaient. En tant que croyants nous savons que “le pauvre crie et Dieu l'écoute” (Ps 34, 7) et que “la prière du pauvre va de sa bouche aux oreilles de Dieu” (Sir 21, 5).

“Je voudrais que vous appreniez à nos malades et hospitalisés la pratique de la sainte Communion sacramentelle quotidienne. Il doit être une contribution journalière de foi et d'amour de nos pauvres à Jésus, qui est resté au milieu de nous par son grand amour envers nos âmes. Le Petit Cottolengo de Gênes doit être un vrai cénacle où l'on reçoive Jésus dans l'eucharistie si possible de tous et tous les matins… Le Petit Cottolengo doit être tout et seul basé sur le SS.ma Eucharistie: il y n'a pas d'autre base, il y n'a pas d'autre vie, soit pour nous que pour nos chers pauvres.”

Don Orione définit les maisons de charité “phares de foi et de civilisation… la lanterne de Gênes ce n'est rien en comparaison!”: la luminosité est donnée par la transparence spéciale de Dieu dans les pauvres “dévoilée” par la charité soufferte et donnée. Il les appelle aussi “nouveaux pupitres” du haut desquels parler de Christ et de l'Église, “nouvelles écoles de civilisation”: il est évident que les “maîtres” ce sont les pauvres, les autres sont collaborateurs et garçons de salle avant tout.

“Voir et servir Christ dans l'homme”

C'est l'un des slogans les plus connus et répétés par Don Orione. Mais c'est la substance apostolique de sa Congrégation qui – écrit-il – “ est née pour les pauvres... vit petite et pauvre parmi les petits et les pauvres, en fraternisant avec les humbles travailleurs. Son privilège est de servir le Christ dans les pauvres, les plus délaissés et rejet”( Esprit de Don Orione I, 25 ). Ailleurs: “Tu l'as voulue, et tu as voulu te servir de nous misérables, en nous appelant miséricordieusement au haut privilège de servir le Christ dans les pauvres; tu as nous voulus serviteurs, frères et pères des pauvres, vivants de grande foi et totalement abndonnés à la Divine Providence. Et tu nous as donné faim et soif d'âmes, de charité ardente: des Âmes! des Âmes! ” (Nel nome della Divina Provvidenza, 155).

Avant l'action envers qui a besoin de soin, en Don Orione bondit la contemplation de l' “imago Dei”, du visage du Christ crucifié par qui le “service” au prochain et le “culte” à Dieu résultent ne plus avoir des frontières très nettes et séparées, ils s'impliquent, mieux, ils se renforcent réciproquement. La même kénosis –déguisement et révélation du Dieu-avec-nous - unit le Crucifix, l'Eucharistie et le Pauvre.

Ce mystère revient en beaucoup d'expressions, presque spontanées et évidentes dans la bouche de Don Orione.

“Beaucoup de fois j'ai senti Jésus Christ près de moi, beaucoup de fois je l'ai comme aperçu, Jésus, en les plus rejetés et plus malheureux” ( Nel nome della Divina Provvidenza , 116 )

“Devenir un homme de bien parmi mes frères; baisser, étendre toujours les mains et le coeur à recueillir des faiblesses croulantes et des misères et les déposer sur l'autel, afin qu'en Dieu deviennent forces de Dieu et grandeur de Dieu. ” ( Nel nome della Divina Provvidenza, 82 )

Il avait fait siennne et citait souvent la phrase du Père Félix dans les Promis Époux: "Avoir le haut privilège de servir Christ dans les pauvres et dans les malades." Celle-ci est la motivation évangélique dans l'amour vers les pauvres et les souffrants: ces frères représentent Christ dans le Calvaire qui aujourd'hui se répète dans l'histoire. Don Orione, quand il sert et soigne leurs blessures il sait de soigner et servir le Fils de Dieu.

Une telle vision mystique du pauvre et de la charité inspire la manière de traiter aussi les pauvres et indigents: "nos chers pauvres... ils ne sont pas des hôtes, ils ne sont pas des pensionnaires, mais ils sont des patrons et nous leurs serviteurs, c'est ainsi qu'on sert le Seigneur!" Ceci se répercute aussi dans la position des oeuvres éducatives et d'assistances, avec une intonation presque de temples sacrés, de maisons de prière et d'adoration continue.

Développer, restaurer, exprimer la “présence divine dans l'homme”, racine ultime de la dignité de chaque personne: celui-ci est le motif noble de l'agir éducatif et caritatif. Il vient à penser à la contemplation de Michel-Ange qui “ voyait” le Moïse dans le rocher informe de marbre et son action était tournée–et soutenue dans la fatigue–à “le sortir”, à le faire émerger.

L'action éducative, dans ses différents moments et domaines, a toujours besoin de contemplation. "Je ne vous recommande pas les machines; je vous recommande les âmes des jeunes, leur formation morale, catholique et intellectuelle. Soignez-en l'esprit, cultivez leur intelligence, élevez bien leur coeur!" ( Lettres I , p. 367).

"Aimez les dans le Seigneur comme vos frères, prenez-vous soin de leur santé, de leur instruction et de leur bien: qu'ils sentent que vous intéressés à eux pour les faire grandir (...) Il y n'a aucun terrain, ingrat et stérile qu'il soit, qui au moyen d'une longue patience ne puisse pas finalment donner de fruit; de même est l'homme." ( Lettres II , p. 558)

Don Ignace Terzi, successeur de Don Orione au guide de sa Congrégation a fait remarquer qu'il voyait en Don Orione le même sens d'adoration et de respect sacré en trois types de circonstances: devant l'Eucharistie, devant les Évêques et au Pape, devant les Pauvres.

L'eucharistie "pignus futurae gloriae" (gage de la gloire future)

Ce don de la sainte Eucharistie Dieu ne l'a pas réservé aux âmes vierges ou à des privilégiés, mais il l'a donné pour tous et, presque je dirais, de préférence au plus faibles en le la vertu et au plus souffrants; aux malades de chaque langueur, aux pauvres, aux aveugles par ignorance, aux estropiés, à nous qui sommes tant imparfaits

Oui, à nous tourmentés par beaucoup de maux spirituels, à nous très pécheurs, il vient à nous et à nous s'est consacré le Dieu de toute sainteté!

Notre place est là donc, à la table du Seigneur! Là pour eêtre guéris, là pour être éclairés, pour être consolés, nourris et vivifiés de sa même vie divine.

L'Église appelle ce sacrement "pignus futurae glorifie ae", gage de la resurrection et de la gloire future.

Qu'est-ce que c'est cette gloire future? En quoi consisteront-ils cette resurrection et ce bonheur éternel qui nous promet?

Il ne sera, oh frères, il ne sera qu'une communion continue: une union intime, perpétuelle avec Dieu d'où jaillira une connaissance si parfaite qui exclue le mystère.

C'est quelque chose de sublime, d'enivrant: c'est le Paradis!

Mais on ne parvient pas à des unions si intimes tout à coup. Même ici-bas, lorqu'on veut nouer une amitié ou une union, on va par degrés, faisant précèder des préliminaires plus ou moins longs.

Eh bien, mes frères et mes amis, la Providence aussi vient en nous y éduquant graduellement à cette union: l'Eucharistie a pour but de nous habituer à elle; et la communion eucaristique est le celeste gage et le renouement de cette vie avec la future.

Élevons-nous donc vers le haut, même à ce mystère sublime et sacrement d'amour, et nous allons humbles et confiants à Jésus: l'Eucharistie "c'est le pain de vie: qui mange de ce pain, il aura la vie éternelle." ( Ecrits 104, 256-257 )

 


Święty Alojzy Orione  

Zapiski z historii i duchowości Eucharystycznej

 

ks. Flavio Peloso

 

„Jakże nie dostrzegać w ks. Orione i w jego przykładzie ustawicznej więzi z Jezusem, adorowanym w Eucharystii, kochanym w tajemnicy swojego Krzyża i usługiwanym z niestrudzonemu poświęceniem najbardziej ubogim z ubogich?” ( L'Osservatore Romano , 16.5.1999, str.5). Jan Paweł II wskazał na Świętego Alojzego Orione jako wzór życia eucharystycznego, podkreślając także jego osobliwą pobożność, która łączy ściśle zażyłość z Chrystusem i męczeństwo miłości.

Już bardzo ważny dokument Konferencji Episkopatu Włoch, Eucharystia, komunia i wspólnota , w numerze 47 zatytułowanym Eucharystia wychowuje do męczeństwa , gdzie opisuje się rolę Eucharystii w historii świętości chrześcijańskiej, po przypomnieniu „ wielu świadków, czasami bezimiennych, pełnych miłości do Najświętszego Sakramentu, która pokonała wszelkie zagrożenia ludzkie aż po odwagę męczeństwa ” zaznaczył: „ Jest następnie cały zastęp liderów w miłości, którzy nieustannie znaczyli drogę w historii: począwszy od diakona Wawrzyńca, po św. Wincentego a Paolo, po ks. Orione ”.

Św. Alojzy Orione (Pontecurone 1872 – Sanremo 1940) czerpał i ożywiał wielką doktrynę oraz tradycję Eucharystyczną Kościoła. Wiele on nauczał, praktykował i rozpowszechniał życie eucharystyczne. To wszystko było w harmonii z jego wizją charyzmatyczną owego “Instaurare omnia in Christo” (Ef 1,10), horyzontem dla jego Małego Dzieła Boskiej Opatrzności, złożonego z zakonników, sióstr zakonnych, instytutu świeckiego świeckiego ruchu świeckich. Ograniczymy się do zebrania zapisków o niektórych szczególnych wcieleniach o wymiarze historycznym jego „duszy eucharystycznej”.

Młodzieńcze uniesienia eucharystyczne

Alojzy Orione był wychowywany do rzetelnej pobożności eucharystycznej już w łonie swojej rodziny. Wystarczy przytoczyć jedno wspomnienie, zresztą przez niego samego opowiadane. Jego mama, widząc małą pobożność eucharystyczną jednego z kapłanów w ich miejscowości, „ pewnego dnia poszła do zakrystii i powiedziała mu: `Czy ksiądz wierzy czy nie, ale to co ksiądz dotyka do Pan? Tak się nie obchodzi z Panem… ”. I kiedy Alojzy, jako chłopiec, wracał ze Mszy św. Mama pytała go, kto odprawiał Mszę św. Jeśli usłyszała, że był to ten mało gorliwy kapłan, posyłała go z powrotem do kościoła, by wysłuchał następnej Mszy.

Później Orione był przez trzy lata w oratorium na Valdocco, u ks. Bosko jeszcze żyjącego, gdzie nabożeństwo do Eucharystii było kultywowane na najwyższym poziomie. „ Byłem przez trzy lata u ks. Bosko, ale tylko raz nie poszedłem do komunii św., po przerwaniu postu ” (Parola III, 122).

Po wstąpieniu do seminarium w Tortonie, znalazł zupełnie inny klimat duchowy: „ Byłem niemalże zgorszony widząc, że klerycy przystępowali do Komunii św. jedynie w niedzielę, a niektórzy w czwartek ” (Don Orione I, 436). Ks. Orione wyróżniał się tym, że codziennie przyjmował Komunię św. Na początku u innych wzbudzał podejrzliwe uśmieszki, później podziw i na koniec naśladownictwo. Pracował jako zakrystianin w katedrze, aby opłacić sobie studia, a mieszkał na poddaszu kościoła, w mieszkanu, którego okno wychodziło na ołtarz z Najświętszym Sakramentem. Tak jak to będzie czynił często w przyszłości, już wtedy lubił zatrzymywać się na adoracji w ciągu nocy.

Msza św. Ks. Orione

Bez wątpienia to jedno z cudowności podziwianych w życiu Ks. Orione. „Gdybyś widział Ks. Orione sprawującego Mszę św. …. ten człowiek widział Pana!”, wyznawał ks. biskup Magnaghi. Tymczasem ks. Giuseppe Del Corno argumentował: “Uczestniczyłem we mszy św. wielu kapłanów, wyróżniających się pobożnością, ale nigdy nie doświadczyłem tak głębokiego i niezapomnianego wrażenia jak to podczas Mszy św. Księdza Orione. Wyciągnąłem taki wniosek: Ten człowiek zasługuję na zaufanie, ponieważ to człowiek, który nie żartuje z Boga!” ( Summarium , 2524).

Rozgłos “Mszy Ks. Orione” niesie się także w rzymskim środowisku uniwersyteckim. Zdarzało się, jak to wspomina wielu świadków, że kiedy rozchodziła się wieść, że ks. Orione jest w Rzymie i celebruje w domu przy ul. Sette Sale, wielu pozostawiało Uniwersytet, aby pójść na Mszę św. Ks. Orione, i to na tą w ciągu tygodnia, bez jakiejś innej przyciągającej przyczyny, jak tylko po to, by zobaczyć ów spektakl, w którym jeden człowiek jest z Bogiem za pan brat. Sam osobiście słyszałem słowa wielkiego szacunku ze strony patriarchy Cylicji armeńskiej, S.B. Hemaiagh Ghedighian, który spotkał Ks. Orione kiedy to, w pierwszych latach 30-tych, studiował w Kolegium Rzymskim. Także on kilkakrotnie udał się na Mszę św. Ks. Orione.

„Prawdziwym działaniem Kapłana – nauczał ks. Orione –dla którego jest on ustanowiony przez sakrament święceń, to sprawowanie świętej ofiary Mszy świętej. Wszystkie inne najświętsze działania, wcześniej czy później, nie równają się jednej Mszy św. Ofiara święta eucharystyczna Mszy św. jest centrum religii chrześcijańskiej, sercem kultu, duszą pobożności, niewypowiedzianą tajemnicą, która nam odsłania otchłań miłości Bożej, dla której Bóg się rzeczywiście ofiarowuje nam, obdarza obficie swoimi łaskami i względami” (Scritti di Don Orione 56, 108).

Sakramentki niewidome

Wewnątrz swojej Rodziny zakonnej, św. Alojzy Orione, w 1927 r. założył szczególną gałąź: Sakramenti Niewidome . Wszystkie i wyłącznie są niewidome, całkowicie poświęcające się towarzyszeniu Jezusowi , jak im wskazał ich Założyciel. „Są naszym piecem miłości” tłumaczył swoim współbraciom współbraciom siostrom, „tragarzom Bożej Opatrzności” zajętym miłosierdziem czynnym wobec ubogich.

„Siostry Sakramentki żyją – czytamy w nr 15 ich Konstytucji – w samym sercu Kościoła. Specyficznym ich misji jest adoracja, dziękczynienie, wynagradzanie, przebłaganie w jedności z Jezusem pośrednikiem i ofiarą: żyjąc duchem eucharystycznym poprzez prawdziwe świadectwo życia wzniośle apostolskiego, apostolskiego prawdziwą pobożnością liturgiczną i płodnym ukryciem się”.

„Nawiedzenie Najświętszego Sakramentu' dla jedności Kościoła

Ks. Orione włączył już do pierwszych konstytucji z roku 1904, po osobistej konsultacji z Leonem XIII, wyraźną celowość „ekumeniczną”, wyraz jego szczególnego charyzmatu całkowicie zdanego i przyczyniającego się do jedności wewnętrznej i zewnętrznej Kościoła, wokół swgo najwyższego Pasterza – Papieża. Tak bardzo była odczuwana pasja na rzecz jedności Kościoła, że ks. Orione chciał, by przypominał o tym jeden znak codzienny. W tym celu, w 1903 r., ułożył tekst na Nawiedzenie Najświętszego Sakramentu, odmawianego w połowie dnia, modlitwę „ustanowiona przez samego Jezusa dla jedności swoich synów, wokół swego Oblubieńca i a by żyli w świętości!” ( Scritti di Don Orione , 57, 223 ).

Teks t przygotowany przez Ks. Orione zaprasza do modlitwy za „naszego Ojca św. Papieża i o jedność podzielonego Kościoła. Tradycja tej modlitwy wskazuje jak ks. Orione wyraźnie widział, iż jedność Kościoła jest owocem nie tylko wysiłków ludzkich, ale przede wszystkim łaski Bożej, owocu tego tajemniczego działania „spajającego” (słowo tak mu drogie), które świeci z tajemnicy krzyża i obecności eucharystycznej. Nieco później Sobór Watykański II określi „modlitwę duszą całego ruchu ekumenicznego”, „genialnym wyrazem więzi, jakimi katolicy są jeszcze związani z braćmi odłączonymi” ( UR 8, Ut unum sint 21-23).

Międzynarodowy Kongres Eucharystyczny w Buenos Aires

Był to rok 1934. Ks. Orione obrał kurs ku Argentynie na statku wraz z Sekretarzem Stanu i Legatem papieskim na Kongres, kard. Eugenio Pacelli (późniejszym Piusem XII), i innym wysokim duchowieństwem. Podróż zamieniła się w rekolekcje: ks. Orione zostaje ich animatorem. Następnie ów międzynarodowy Kongres Eucharystyczny w Buenos Aires był triumfem i symbolem. W istocie, jest on uważany za akt narodzin nowożytnego Kościoła argentyńskiego. Wokół monumentalnego krzyża i ołtarza, wkomponowanego w pejzaż „Ogrodów z Palermo”, ponad 1.200.000 osób (60% mieszkańców ognia laicyzacji, która szalałą w Buenos Aires) przyjęło Komunię św. Była to publiczna manifestacja tożsamości chrześcijańskiej tego narodu, było to zaskoczenie dla kleru i hierarchii katolickiej, która nabrała odwagi. Rodzi się, z tego kontrastu wobec Eucharystii, globalny plan duszpasterski streszczony w trzech wskazówkach: “Sacramentalizar, ense ñar y ganar la calle”.

W tym klimacie, obciążonym możliwym i domagającym się rozwoju apostołowaniu, Ks. Orione okazał się animatorem i bystrym wykonawcą. Wielu argentyńskich biskupów rozpoznali w Ks. Orione herolda owej trzeciej dyrektywy duszpasterskiej: ganar la calle (“zyskać na drodze”, znaczy wyjść na place, iść do ludu), która jest bardziej wymagająca żarliwości, nieustępliwości i świętości. Otwierają mu drzwi i podtrzymują go w każdy możliwy sposób. W trzech kolejnych latach pobytu w Argentynie Ks. Orione założył szkoły powszechne, sierocińce, Małe Kottolenga – prawdziwe bastiony miłosierdzia. „światła wiary i cywilizacji”, według wyrażenia tak jemu drogiego. Odnowił w Argentynie porę kończących się „poza zakrystią”, hasła rzuconego przez Leona XIII ruchowi katolickiemu pod koniec dziewiętnastego wieku.

Eucharystia jest szkołą miłości

Prezkonany o tym, że Eucharystia „jest centrum wokół którego krążą wszystkie dzieła wykonywanw w ciągu dnia” ( Parola III , 35), Ks. Orione zauważa silny związek pomiędzy Eucharystią a apostolatem miłosierdzia, któremu on sam i jego rodzina zakonna poświęcali się. Tak jak Jezus stał się chlebem dla nas, także my winniśmy stać się w Jezusie chlebem dla braci. „ Wszystko winno opierać się na Eucharystii: niema dla nas innej podstawy, nie ma dla nas innego życia, zarówna dla nas samych, jak i dla naszych ubogich. Tylko przy ołtarzu i przy stole tego Boga, który jest uniżeniem i miłością, nauczymy się być maluczkimi wraz z naszymi braćmi i kochać ich tak, jak chce Pan (...) `Kto spożywa moje ciało i pije moją krew, ten trwa we mnie a jaw nim` powiedział Jezus. Czyż jest coś lepszego, niż pozostawać w Panu a On w nas? (...) Największe miłosierdzie jakie można wyświadczyć pewnej duszy to dać jej Jezusa! I najsłodszym pocieszeniem jakie możemy ofiarować Jezusowi to dać Mu duszę. To jest Jego królestwo ” (W imię Boskiej Opatrzności, Piemme, 69-70).

Ks. Orione ponadto uczynił z nabożeństwa i nawiedzania Eucharystii (Msza św., adoracja, krótkie nawiedzenia Najświętszego Sakramentu, akty strzeliste i akty ekspiacyjne itp.) element kluczowy formacji zakonnej, a także wychowania młodzieży i ludu. „ Przed Jezusem upadają niezłomne ideały naszej miłości własnej, nasza wola i wszelkie nasze pasje. Przed Jezusem rozkwitają w naszej duszy także kamienie i rodzą sięcnoty chrześcijańskie. To u stóp Jezusa umacniają się wszystkie dusze, które zechciały naśladować Go z bliska ” ( Parola III, 71).

Ubodzy i Eucharystia

Ks. Orione chciał dać Małym Kottolengom, domom miłosoierdzia, które przygarniają chorych umysłowo i fizycznie w ciężkim stanie, pewien rys życia „kontemplacyjnego” wobec tajemnicy cierpienia, która upodabnia do Chrystusa cierpiącego. Przekształcił benedyktyńską regułe „ora et labora” w życie aktywne, ale na swój sposób pogodne i kontemplacyjne, życie Małego Kottolengo. Powracał do koncepcji, iż w tych domach winno królować “ laus perennis ” poprzez nodlitwy okresowe w ciągu dnia, celebrację eucharystyczną i codzienną Komunię św., pracę i wyrzeczenia na chwałę Boża.

Co się robi w Małym Kottolengo? Przyjmuje się Komunie św. Modli się i modli! Laus perennis! Orate sine intermissione! Modlitwa to pierwsza praca w Małym Kottolengo. Głupcy, kretyni, idioci.... odgłosy, które nie są słowami oddają cześć: Bóg umie je odróżniać!” (Scritti 83, 188).

Ileż razy Ks. Orione pisząc listy zapewniał adresatów: „ sprawię, że nasi ubodzy pomodlą się za pana ”. I to była wymiana i to taka, iż wiele osób dystyngowanych i wysoko postawionych w Kościele, w kulturze i w społeczeństwie na to czekało. Jako wierzący wiemy, że „ubogi zawołał i Bóg go wysłuchał” (Ps 34, 7) i że „modlitwa ubogiego wychodzi z jego ust i dociera do uszu Boga” (Syr 21, 5).

Chciałbym, abyście pozostawili w naszych chorych i pensjonariuszach praktykę codziennej Komunii św. Powinien to być codzienny wkład wiary i miłości naszych ubogich dla Jezusa, który pozostał pośród nas z wielkiej swojej miłości do naszych dusz. Małego Kottolengo genueńskie winno być prawdziwym wieczernikiem, gdzie przyjmuje się Jezusa sakramentalnie możliwie przez wszystkich, każdego ranka... Małe Kottolengo powinno być całkowicie i wyłącznie opierać się na Najświętszym Sakramencie: nie ma innego fundamentu, nie w niczym innym życia, czy to dla nas samych czy to dla naszych drogich ubogich” (Lettere I, 535-538).

Ks. Orione określa domy miłosierdzia „ latarniami wiary i cywilizacji... jak ta latarnia w Genui! ”: jasność pochodzi ze szczególnej przejrzystości Boga w ubogich „objawiana” przez miłość wycierpianą i ofiarowaną. Nazywa je także „ nowymi pulpitami ”, z których mówi się o Chrystusie i Kościele, „ nowymi katedrami cywilizacji ”: jasne, że „nauczycielami” są przede wszystkim ubodzy, a inni są współpracownikami i usługującymi.

„Widzieć i służyć Chrystusowi w człowieku”

To jeden z najbardziej znanych i najczęściej powtarzanych przez Ks. Orione sloganów. Ale to podstawa duszpasterstwa jego Zgromadzenia, które – jak sam pisze – „ zrodziło się dla ubogich... żyje małe i ubogie pośród małych i ubogich, bratając się z poniżanymi robotnikami. Jego przywilejem jest służyć Chrystusowi w ubogich, najbardziej opuszczonych i poniżanych ” (Spirito di Don Orione 1, 25). Gdzie indziej: „ Ty je zechciałaś, i chciałaś posłużyć się nami nieszczęśliwymi, miłosiernie wzywając nas do wysokiego przywileju służenia Chrystusowi w ubogich; zechciałaś nas sługami, braćmi i ojcami, żyjących wielką wiarą i całkowicie zdanymi na Opatrzność Bożą. I dałaś nam pragnienie dusz, płonącej miłości: Dusz! Dusz!” ( W imię Boskiej Opatrzności , 155).

Przed działaniem na rzecz tego, kto potrzebuje opieki, u Ks. Orione jest najpierw kontemplacja „imago Dei”, oblicza Chrystusa ukrzyżowanego, stąd „posługiwanie” bliźnim i „kult” oddawany Bogu jawią się jako nie mające już więcej granicy, tak bardzo wyraźnej i odgradzającej, przeciwnie one się impikują i umacniają wzajemnie. Samo kénosis – ukrycie i objawienie Boga-z-nami – jednoczy Ukrzyżowanego, Eucharystię i Ubogiego .

Owa tajemnica powraca w wielu wyrażeniach, niemalże spontanicznych i oczywistych w ustach Ks. Orione. „ Wiele razy czułem Jezusa obok mnie, wiele razy Go spotkałe, Jezusa, w najbardziej nieszczęśliwych ” ( W imię Boskiej Opatrzności , 116). „ Chciałbym stać się człowiekiem dobrym pośród moich braci; zniżyć, otworzyć zawsze ręce i serce na zbieranie niebezpiecznych słabości i nędz, i złożyć je na ołtarzu, by w Bogu zmieniły się w siłę Bożą i wielkość Bożą ” ( W imię Boskiej Opatrzności , 82).

Przyjął za swoje i cytował często słowa Ojca Felice z powieści Promessi Sposi : „ Mieć wzniosły przywilej służenia Chrystusowi w ubogich i chorych ”. To ewangeliczna motywacja miłości ubogich i cierpiących: ci bracia reprezentują Chrystusa na Kalwarii, który dziś powtarza się w historii. Ks. Orione, kiedy służy i leczy ich rany, potrafi leczyć i służyć Synowi Bożemu (por. Mt 25, 31-46).

Taka mistyczna wizja ubogiego i miłości jest natchnieniem także sposobu prrzyciągania ubogich i potrzebujących: „ Nasi drodzy ubodzy... nie są gośmi, nie są penjonariuszami, ale są panami, a my ich sługami, tak się służy Panu ” ( Lettere II, 22). Co ma swe reperkusje także w ustawieniu dzieł wychowawczo-piekuńczych, wraz z rysem niemalże świątyń świętych, domów modlitwy i nieustannej adoracji.

Rozwijać, odnawiać, wyrażać „obecność Bożą w człowieku”, główny korzeń godności każdej osoby: jest to wzniosły powód oddziaływania wychowawczego i charytatywnego. Pochodzi od myślenia o kontemplacji Michała Anioła, który „widział” Mojżesza wewnątrz bezkształtnej masy marmurowej i jego działanie było nastawione na – i potrzymywane w wysiłku – „wydobycie na zewnątrz” i ukazanie go. Oddziaływanie wychowawcze, w swoich różnorakich momentach i płaszczyznach, potrzebuje zawsze kontemplacji. „ Ja wam nie powierzam maszyn, powierzam wam dusze młodzieży, ich formację moralną, katolicką i intelektualną. Troszcie się o ich ducha, pielęgnujcie ich umysły, wychowujecie ich serce! ” ( Lettere I, 367).

Kochajcie ich w Panu jak braci waszych, troszcie się o ich zdrowie, o ich wykształcenie i każde dobro: niech czuję, że wy wszyscy jesteście zainteresowani ich wzrostem (...) Nie ma takich terenów niepłodnych, których by w końcu nie można byłoby za pomocą wytrwałej cierpliwości zamienić w owocujące; tak jest i z człowiekiem ” ( Lettere II, 558).

Ks. Ignazio Terzi, czwarty następca Ks. Orione, zauważył, iż w Ks. Orione widział ten sam sens adoracji i świętego szacunku w trzech okolicznościach: przed Eucharystią, przed Biskupami i Papieżem, przed ubogimi.

 

Eucharystia "pignus futurae gloriae"

W tym przeglądzie doświadczenia eucharystycznego Św. Alojzego Orione, zostawiam jego słowom zobrazowanie wartości Eucharystii jako fundamentu nadziei i przedsionka wewnętrznego zjednoczenia z Bogiem.

Tenże dar świętej Eucharystii Bóg nie zastrzegł duszom dziewiczym lub uprzywilejowanym, ale dał wszystkim i, powiedziałbym nawet, w sposób szcególny najbardziej słabym w cnoty i najbardziej cierpiącym; chorym w każdym sensie, ubogim, niewidomym z ignorancji, kulawym, nam tak bardzo niedoskonałym. Tak, nam zbolałym z powodu wszelkiego zła duchowego, nam tak bardzo grzesznym, to do nas przychodzi i się daje Bóg wszelkiej świętości! Zatem nasze miejsce jest tam, przy stole Pańskim! Tam, aby być uzdrowieni, tam, by być oświeceni, by być pociesszeni, karmieni i ożywiani przez jego boskie życie.

Kościół nazywa ten sakrament "pignus futurae gloriae", zadatek zmartwychwstania i przyszłej chwały. Co jest tą przyszła chwałą? I na czym ma polegać owo zmartwychwstanie i wieczna szczęśliwość, którą nam obiecuje?

Nie będzie to, o drodzy bracia, nie będzie to nic innego jak tylko nieustanna komunia: wenętrzne zjednoczenie, wieczyste z Bogiem, skąd ma pochodzić znajomość tak doskonała, która wyklucza tajemnicę. To coś wzniosłego: to Raj!

Ale takie zjednoczenie nie można w pełni osiągnąć jednym aktem. Także tu na ziemi, gdy chce się związać przyjaźnią lub zjednoczyć, następuje to stopniowo, poprzedzają je przygotowania bardziej lub mniej długie.

Także Opatrzność, o bracia i przyjaciele moi, przychodzi ucząc nas stopniowo tej jedności: Eucharystia jest skierowana do przyzwyczajenia nas do niej; komunia eucharystyczna jest niebiańskim zadatkiem tego przyszłego życia.

Wznośmy się zatem w zwyż, aż po ową zaszczytną tajemnicę i sakrament miłości, i idźmy pokorni i ufni Jezusowi: Eucharystia jest `chlebem życia: kto spożywa ten chleb, będzie miał życie wieczne ” ( Scritti 104, 256-257).