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Parrocchia Mater Dei.
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Autore: Alessandro Belano

Pubblicato in:

I. La Madonna della Guardia, aprile 2003, pp.19-22.
II. La Madonna della Guardia, agosto 2003, pp.23-26
III. La Madonna della Guardia, dicembre 2003, pp.20-22.
IV. La Madonna della Guardia, Aprile 2004, 20-23.


NEMICO D’OGNI BENE

La lotta contro il demonio in Don Orione

Don Alessandro Belano


I.

Nella vita dei Santi non c'è solo la grazia divina, i doni carismatici, l'esercizio delle virtù eroiche, i gesti di carità verso il prossimo. Spesso c'è anche una presenza oscura che tenta, inutilmente, di offuscare la loro luce radiosa. Parliamo della presenza del demonio, argomento ostico e, oggi, perfino banalizzato o ridicolizzato. Eppure, nonostante l'intrinseco carattere misterioso, tale presenza è ampiamente attestata nell'agiografia e solidamente documentata nel corso dei processi di canonizzazione.

San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), più noto come il santo Curato d'Ars, per circa trentacinque anni fu vittima di innumerevoli forme di infestazione, a molte delle quali furono presenti dei testimoni che successivamente deposero con giuramento nel corso dei processi ordinari. San Paolo della Croce (1694-1775), fondatore dei PP. Passionisti ed esperto direttore di anime, subì per lungo tempo vessazioni diaboliche esterne ed interne. Padre Pio da Pietrelcina (1887-1968), recentemente canonizzato, per lunghi periodi dovette sostenere lotte con il demonio. In una lettera inviata a P. Agostino scrive: "...In questi giorni il nostro comune nemico mette su tutti i suoi sforzi per perdermi e distruggermi... Non cessa di apparirmi sotto le sue orride forme e di percuotermi in modo veramente spaventevole".

Nel corso della storia del cristianesimo molti altri santi subirono vessazioni da parte del demonio: l'agiografia conosce i casi celebri di Sant'Antonio abate (251356); San Benedetto abate (480-550); San Domenico (1170-1221); San Francesco d'Assisi (1182-1226); San Nicola da Flue (1417-1487); Santa Teresa d'Avila (1515-1582); San Giovanni della Croce (1542-1591); San Giuseppe da Copertino (1603-1663); San Giovanni Bosco (1815-1888), e molti altri.

Il più delle volte questi santi diventano bersaglio di molestie e fenomeni apparentemente strani (scomparsa di oggetti, rumori e scuotimenti notturni, odori nauseabondi, ecc.). Ma quando questi campioni della fede entrano direttamente in lotta con il demonio attraverso la preghiera, le penitenze o gli esorcismi, le persecuzioni assumono aspetti ben più seri e, in taluni casi, veramente impressionanti. Anche il Beato don Orione ebbe a condividere queste prove così singolari. Si tratta di uno spaccato della sua vita poco conosciuto, ma altrettanto efficace per far risplendere la sua eroica fede, fortezza e penitenza. Tutto questo apparirà dai vari episodi che videro don Orione come protagonista nelle battaglie sostenute contro il demonio, che egli definiva "il nemico d'ogni bene". Si tratta di notizie e particolari che furono rivelati dallo stesso Beato ai suoi religiosi oppure riferiti dai diretti testimoni in occasione dei processi canonici.

Le prime avvisaglie di questa oscura presenza si ebbero attorno al 1915. Il pio e dotto don Vittorio Gatti, che collaborò da vicino con don Orione, pur non appartenendo alla Congregazione, ricordò due fatti insoliti avvenuti in quei primi tempi. Ecco la sua testimonianza: "Eravamo in cucina, a prendere un po' di tepore presso la stufa economica, don Orione, don Martino Bohm ed io. Don Orione diceva l'ufficio. Verso mezzanotte sentimmo dei passi di uno che camminava nella stanza a destra del corridoio. Don Orione volle vedere. Uscimmo di cucina... e niente. Appena rientrammo, i passi ripresero. Nuova perlustrazione, ma senza risultato. Rientrati una seconda volta, abbiamo udito un formidabile colpo battuto sul tavolo. Siamo accorsi. Era tutto calmo, almeno in apparenza. Don Orione disse: "E' bene che ce ne andiamo di qui per questa sera".

"Il secondo fatto - è sempre don Gatti che racconta - avvenne quando don Orione dormiva, al Paterno, nella camera attigua alla mia. Alle due di notte io, che vegliavo come al solito per i miei disturbi di stomaco, sentii battere alla parete. Accorsi e don Orione mi pregò di rimanere a vegliare con lui, perché vedeva un'ombra nera come di morte ai piedi del letto. Restai finché non si fu addormentato e allora tornai in camera mia".

Un altro sacerdote, don Luigi Bianchi, riferendosi anch'egli ai primi tempi dell'Opera fondata da don Orione testimoniò questo particolare: "Una volta mi trovavo a discorrere con don Orione nella sua camera, al Paterno. Stavo seduto. A un tratto vedo che egli si fa scudo col braccio come per proteggersi da un'insidia e fissa un angolo con gli occhi un po' sbarrati. Di lì a poco ripete il gesto; e dice: "Non ti spaventare, è il diavolo".

Durante un corso di esercizi spirituali tenutosi a Montebello nell'agosto del 1932, P. Stefano Ignudi riferì che quando don Orione si trovava ancora nell'antico convento di Santa Chiara, a Tortona, una volta udì di notte una musica infernale, simile allo scoppio di batterie. Quando quella musica cessò, don Orione, invece di impaurirsi, esclamò ad alta voce: "E ora ripetila di nuovo!". Il demonio ricominciò la musica e la ripeté per filo e per segno. Di questo singolare episodio possediamo la stessa narrazione fatta da don Orione nel corso della "Buona notte" del 4 maggio 1931:

"Una sera io mi trovavo [al Santa Chiara] in una stanzetta pavimentata con mosaico alla veneziana, quando d'un tratto si spense la luce e incominciò una musica infernale. Si sentiva un fracasso come di tante palle di piombo che battessero sul pavimento con un ritmo spaventoso. Non si sentiva suono, ma quel rumore faceva male, come un non so che di pungente che entrasse nelle ossa; qualche cosa insomma di terribile. Capite? Il demonio era lì, a due passi. I vicini di letto che erano con me, fuggirono e restai solo. Io sudavo freddo, ma mi sono fermato, fino a quando la marcia fini. Allora ho avuto il coraggio di dirgli: "Ripeti!". E di nuovo si udì la musica. Incominciò di nuovo il diavolo, suonando la stessa marcia, con lo stesso ritmo e le stesse battute di prima, con quel rumore sordo come di palle di piombo: tac - tac - tac... Quando fini, si riaccese la luce ed io poi ho dormito, in quella stessa stanza, per tutta la notte. Sono passati tanti anni da quel fatto, ma, tutte le volte che ci ripenso, mi sento raccapricciare, e provo la stessa impressione di spavento, come se risentissi quella musica terribile".

Di questa presenza demoniaca restano tuttavia celebri diversi episodi di esorcismi che don Orione fu chiamato a compiere su alcuni ossessi. Nel corso della "Buona notte" del 4 dicembre 1937, il Beato raccontò ai suoi impauriti chierici l'esorcismo compiuto a Buenos Aires, in Argentina, sulla figlia di un grande luminare della medicina. Ecco la sua particolareggiata narrazione, trascritta dalla viva voce:
"Quando ero in America un giorno venne da me un grande professore di medicina, presidente dell'ospedale maggiore di Buenos Aires, stimatissimo tra tutti i medici della capitale. E mi disse: "Ho la figlia indemoniata: mi faccia la carità di venire ad esorcizzarla"... Era ed è, quel signore, un professore valentissimo: fece studi sulla sua figliuola, la fece esaminare dai suoi colleghi, usò cure su cure: "Non si sa mai, pensava, saranno i nervi, sarà isterismo"... Andò dall'Arcivescovo e raccontò certi fatti strani che le erano avvenuti. Gli indemoniati, ad esempio, recitano a memoria tante cose, sanno varie lingue e le parlano speditamente, e poi le donne hanno voce d'uomini; non hanno occhi naturali: il diavolo si vede negli occhi e nella forza; gli indemoniati, gli invasati dal demonio, hanno una forza erculea: bisogna legarli e tenerli quando si fa l'esorcismo, perché rompono i legami come fili di stoppa. Quella figliuola era veramente indemoniata: parlava lingue diverse, che non aveva mai studiate; aveva una voce robusta, voce d'uomo, e degli occhi!

Venne il permesso. Mi preparai, mi feci il segno della croce e andai. Trovai molte persone riunite in cappella. Cominciai l'esorcismo: quella persona correva tra i banchi come un serpe, a zig zag, come gli uccelli notturni, come i pipistrelli a sera; passava tra un banco e l'altro senza urtarli, senza farli cadere. Non poteva uscire, perché erano chiuse le porte, e la tenevano forte, la legarono; ma tutto era inutile. Non mi fu mai possibile far dire alla ossessa: "O Maria concepita senza peccato". Le dicevo: "Dì, sù: O Maria concepita senza peccato". E lei rispondeva: "O Maria non concepita..." . Dì: "senza peccato..." , e lei rispondeva: "...cato, catto, gatto... col peccato". Rispondeva insomma tutto al rovescio, ma non ripeteva interamente mai la giaculatoria. Il Signore poi la liberò, ma dopo alcuni mesi morì".

Non fu questo l'unico caso di esorcismo compiuto da don Orione. Nella sua vita si conoscono altri celebri episodi, unitamente a vere e proprie vessazioni che il Beato dovette subire a causa del demonio. Saranno oggetto della nostra riflessione la prossima puntata.

 

 

II.

Un altro celebre caso di esorcismo compiuto da Don Orione in Argentina riguardò una novizia suora convertitasi dal protestantesimo. La giovane aveva vent’anni: vigorosa, intelligente, aperta alla pietà.
Siamo nel maggio del 1937. Pregato di intervenire, Don Orione affida l’incarico ad un suo stimato religioso, Don Dutto. Questi, prontamente recatosi al convento, assiste ad una scena impressionante: per un’ora la povera ragazza si dibatte, saltando da un lato all’altro della cappella, piangendo e supplicando: grida e bestemmia sotto il segno della croce e dell’acqua santa… Il sacerdote, finite le preghiere, si ritira: intanto la fanno coricare, perché esausta.
Finalmente il venerdì pomeriggio, 17 maggio, Don Orione può fare l’esorcismo: gli conducono la giovane a Calle Carlos Pellegrini. Fa preparare una cotta, la stola bianca e la teca, dove si è soliti mettere l’Ostia consacrata per la Comunione ai malati. Quindi indossa il pastrano e, di nascosto, entra nella cappella, senza che la poveretta lo possa vedere. In casa vi sono alcuni chierici venuti da poco dall’Italia: Don Orione li invita ad assistere, ma essi non ne hanno coraggio.

Inizia l’esorcismo. Riferisce uno dei testimoni: “Stando la povera probanda e la suora nel banco davanti, in ginocchio, come in atto di fare la Comunione, vedo Don Orione avvicinarsi a loro con il rituale in mano e osservo bene quando fa il segno di croce con il dito pollice sulla fronte dell’ossessa…
La giovane s’impazientisce e parla a voce alta, per dire delle bestemmie. Don Orione prosegue l’esorcismo: pronuncia le parole con accento di fede impressionante… benedice la giovane con l’acqua benedetta: essa lo deride, guardandolo con atteggiamento di sfida. Don Orione insiste: prega, recita giaculatorie, leva in alto la mano facendo gran segni di croce, intima al demonio di uscire in nome di Dio…

La poveretta, stanca di fuggire da un banco all’altro, raggiunge l’ultimo, in fondo alla cappella, e non può più muoversi. Don Orione la segue, ripetendo preghiere e gesti. È a questo punto che la ragazza lo insulta in dialetto piemontese: “Va là, u to pais, guciòn ad Poncron… “ cioè “Va là al tuo paese, gozzuto di Pontecurone… “ Non avendo poi nulla da rimproverare a lui personalmente, gli rivela le colpe dei parenti, prendendosela specialmente con suo padre e ripetendo che Don Orione è figlio di un ubriacone… Le preghiere continuano, pronunciate da Don Orione con forza e autorità: “Abbi coraggio, dice alla ragazza, tu guarirai… “
Molti anni dopo lo stesso Don Orione riferì questo accaduto nel corso di una Buona notte ai suoi chierici: “Vennero alcune monache da me, mentre ero in America, a dirmi che avevano una consorella in noviziato che era indemoniata. Insisteva la superiora e diceva: “Venga, la esorcizzi… “ Io dissi tra me: “Possibile! Ma che mi prendano proprio per una specie di stregone!”. Questa indemoniata tutte le mattine faceva la comunione e il demonio la costringeva a gettare in luogo indecente le sacre particole e faceva altre cose terribili, che non vi dico, perché non si possono dire.
Quando le si faceva cadere sulla mano qualche piccola goccia d’acqua santa, essa strillava, mandava acute grida, come se fosse stato piombo liquefatto… Anche ad essa feci ripetere la giaculatoria: “O Maria concepita senza peccato… “, ma non ci fu verso: non volle ripetere quella giaculatoria. Ripeteva magari altro, ma “O Maria concepita senza peccato… “ non la volle mai ripetere…
Quando sarete sacerdoti, perché andando avanti aumenterà sempre più il numero degli indemoniati, quando sarete sacerdoti, se vi chiameranno a fare gli esorcismi, vi do un segno per riconoscere se sono si o no indemoniati, perché potrebbe essere isterismo e possono darsi fenomeni nervosi strani e vi sono tante malattie che la scienza spiega e qualche volta anche guarisce, sì che non è sempre facile distinguere se un malato di malattie nervose sia o no indemoniato. Bene, un segno è questo: se ripete “O Maria, concepita senza peccato”, state tranquilli che non è ossesso, quel malato, ma, se non lo ripete, potete star sicuri che il diavolo ha preso dominio di quel corpo.
Vi sono altri segni, i segni che anche la teologia insegna: come parlare lingue ignote, conoscere le cose a distanza… Uno dei segni, è questo: tenetelo a mente!

Quell’ossessa si volgeva a me in dialetto mio, rimproverando i difetti fisici dei miei paesani… e si volgeva al Tabernacolo e diceva: “Sono più forte di te… “ “Ma, ribattevo io, non sei più forte di Gesù Cristo: è qui, è Lui che ti scaccerà…”. Mi diceva: “Non mi guardare!”, e io fissavo allora lo sguardo in quegli occhi infuocati e ripetevo le formule degli esorcismi: “Si, ti voglio guardare: vade, Satana, inventor ac magister omnis fallaciae…”. Quando, seguendo il libro rituale, giunsi là dove si nomina la “omnis legio diabolica”, gli chiesi: “Quanti siete?”. Essa rispose: “Siamo in tre”.

I demoni, sapete, raccontano per filo e per segno la vita del sacerdote; bisogna essere pronti a sentirsi dire di tutto… ; gli fanno un esame di coscienza accuratissimo ed hanno una memoria tenacissima… non scappa nulla. Ero dunque quasi disperato di riuscirvi e andavo pensando tra me: “Non avrò fatto penitenza come avrei dovuto… “. Quando, dunque, ero quasi disperato di riuscirvi, mi misi ad invocare, con i presenti, la Madonna… Ed ecco improvvisamente, con una vociaccia d’uomo, quella poveretta mandò un grido e cadde. Pensavo: sarebbe bella che poi sui giornalacci di qui, dove c’è tanto culto dello spiritismo, pubblicassero che io ho ammazzato una donna con le mie stregonerie… Lo dice anche il Vangelo che, quando il demonio esce, lascia come morti, come tramortiti… Poi però, per fortuna, quella rinvenne, e non si ricordava né di quello che aveva detto, né di quello che aveva fatto. Le feci ripetere: “O Maria, concepita senza peccato… “, ed allora essa ripeteva con esattezza: “O Maria, concepita senza peccato… “.
L’indomani la poveretta si sveglia ancora con una espressione cupa nel viso. È il giorno di Pentecoste. Abbassa il capo e si mette a piangere. Poi chiede: “Dove sono? Dove è la mia Vergine Santissima? Dov’è il mio rosario? Voglio pregare… “
. Era finalmente libera.

In data 19 maggio dello stesso anno, Don Orione comunicava la notizia a Don Sterpi, suo Vicario, con queste parole: “In questi giorni ho esorcizzato un’ossessa, incaricato dalla Curia e il Signore l’ha misericordiosamente liberata, dopo molta resistenza. Ah, che brutta bestia è il diavolo: avrei voluto fossero stati presenti quelli che non credono, a vedere e a sentire il diavolo: quanto è brutto il diavolo!… “ (Scr. 19,242).

 

 

 

 

III.

Don Orione era solito prepararsi all’esorcismo con preghiere, digiuni e penitenze, ma non avrebbe voluto compiere esorcismi per gli sgraditi e dolorosi effetti che ne derivavano. Una volta confidò ad alcuni dei suoi Religiosi: “Non sarebbe nulla in sé l’esorcismo, benché mi stanchi; il peggio è che poi per un certo tempo il demonio non mi dà più pace”.

Tali vessazioni e persecuzioni tormentavano il Beato don Orione specialmente durante la notte e si facevano più violenti in particolari periodi dell’anno. Un giorno a Santa Caterina di Portoria (Genova) gli presentarono una ossessa che nessuno voleva esorcizzare, perché infieriva con parole ingiuriose contro i sacerdoti. Appena vide don Orione in atto di avvicinarla, l’ossessa si mise a urlare in dialetto e ad insultarlo con parolacce. L’esorcismo durò alcune ore, ma alla fine la povera donna ripartì tranquilla e guarita. Don Orione appariva sfibrato per la fatica sostenuta; rivelò ai suoi intimi: “Non vorrei mai fare nessun esorcismo, perché poi, per 15 o 20 giorni non mi lascia più tranquillo… “, e ricordò i fatti interiori che più lo turbavano.

A causa di queste molestie diaboliche che in particolari occasioni si intensificavano fece addirittura portare fuori dalla sua camera il letto di ferro su cui dormiva: diceva che il demonio si divertiva ad alzargli, d’improvviso, il materasso durante la notte. Per vari mesi volle dormire su una povera e semplice sedia a sdraio, avvolto in uno scialle di lana nonostante le insistenze in contrario dei suoi Confratelli.

Egli stesso, a volte, riferiva gli effetti devastanti che gli derivavano dagli esorcismi sostenuti. In data 8 marzo 1930, da Roma, così scrive a don Sterpi, suo Vicario: “La mia indisposizione ritengo sia stata per avere esorcizzato una ossessa: sono atti che turbano tutta la vita e mi fecero visitare nientemeno che dal senatore Marchiafava, fratello della signora Moretti…”. In altra lettera, datata 16 ottobre 1935, don Orione confida alla benefattrice Queirolo: “Ieri ho esorcizzato una indemoniata: oggi sono ancora tutto scombussolato e stanco… “.

A conferma di simile lotta non mancano le testimonianze esterne di altri, i quali, in occasione del processo di beatificazione, hanno riferito altri significativi particolari. Il Generale Eugenio Beaud attesta: “Incontrai un giorno don Orione alla stazione di Genova in procinto di recarsi a Roma; stava leggendo una lettera. Mi avvicinai per ossequiarlo ed egli mi rispose indicandomi la lettera: “Vede, è per un avvocato di Roma, ossesso; già due volte sono stato chiamato per gli esorcismi: mi scrivono ancora di andare. Ma sapesse come mi lasciano dopo!. E mi disse che il demonio, compiuti gli esorcismi, non gli lasciava pace, lo tormentava specialmente di notte e anche fisicamente”.

Riferisce don Domenico Sparpaglione, sacerdote dell’Opera: “Il demonio per questa sua attività lo perseguitava. Il Servo di Dio ricordava che senza complimenti gli fracassava vetri e statue, pronunciava parole da fare inorridire e ricorreva anche alla confessione pubblica dell’esorcizzante. Si lamentava spesso che il nemico non lo lasciasse mai in pace e qualche volta lo percuotesse”.

Un giorno Don Orione si trovava a Tortona, nella sala di ricevimento (da lui chiamata il suo consultorio spirituale) mentre stava confessando con P. Navarro, spagnolo, sfuggito alle persecuzioni dei comunisti. All’improvviso un rumore secco e stridente vibrò sul vetro del quadro di San Giuseppe Cottolengo appeso ad una parete. Il P. Navarro, colto di sorpresa, si spaventò, ma fu subito tranquillizzato da don Orione: “Non fateci caso, disse, è il nemico”. In altra occasione, mentre stava a colloquio con uno dei suoi sacerdoti, don Cesare Di Salvatore, un grande scoppio come di fucile centrò la parete. “Non aver paura, rassicurò don Orione, è lui!”.

Davanti a simili manifestazioni don Orione, imperterrito, non si lasciava spaventare né condizionare, perché animato e sorretto da quell’ansia apostolica che segnò la sua esistenza. Questo desiderio delle anime è una delle più importanti ed evidenti caratteristiche della spiritualità orionina. Don Orione avrebbe voluto salvare tutte le anime che il Signore avesse posto sul suo cammino. Una volta disse ad uno dei suoi sacerdoti di Venezia: “Caccerei le mani nell’inferno per riscattare delle anime”. Analoga espressione ritroviamo nella testimonianza di don Giuseppe Zambarbieri resa nel corso del processo di beatificazione.

Secondo il teste, un giorno don Orione, parlando della sua sollecitudine per i fratelli perduti e abbandonati, ebbe a dire: “Se il Signore mi permettesse di andare all’inferno, in un soffio di amore e di carità, vorrei cavarli anche di là”. Sono parole che lasciano trapelare intendimenti profondi e ben radicati: non si tratta di sprazzi di retorica orionina, ma di una esplicita e palese volontà di arrivare a tutte le anime per conquistarle a Cristo e alla Chiesa, anche a costo dell’offerta della vita.

 

 

 

 

IV

 

 

 

Nell'agosto del 1937 don Orione rientra in Italia dal suo secondo viaggio in Sud America. Il suo aspetto ha subito una profonda trasformazione: è visibilmente invecchiato, ma la fiamma dei suoi occhi e l'ardore dello spirito sono quelli di sempre.

Dopo qualche mese fu richiesto di intervenire per un nuovo caso di esorcismo, a Genova. Una Piccola Suora Missionaria della Carità riferisce: «Nel novembre 1937 don Orione era a Santa Caterina. Nei pressi della direzione trovo Suor Maria Stanislaa: “Pregate”, mi disse, “c'è dentro don Orione con una famiglia di protestanti, hanno un ragazzo di 14 anni, indemoniato e vogliono che don Orione lo esorcizzi. Hanno detto che, se il ragazzo guarisce, si convertono tutti al cattolicesimo…”.Suor Stanislaa entrò ed uscì alcune volte dalla direzione; mi disse che il ragazzo appena entrato, aveva rotto, con un calcio, un vetro che copriva una statuina dell'Immacolata, e che don Orione voleva fargli ripetere la giaculatoria: “O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi”. Ma il ragazzo si sforzava inutilmente; giungeva al massimo a metà, poi non gli era più possibile proseguire… Dovettero sospendere, senza aver raggiunto un risultato positivo…».

Un altro caso di esorcismo avvenne a Milano l'anno successivo. Ricorda un confratello: «Stavo a Milano; si era, credo, nel 1938 e la suora dell'infermeria mi chiamò per constatare il caso di una bambina che si metteva ad urlare ogni qualvolta le ricoverate intonavano il rosario e specialmente quando recitavano l'Ave Maria… Vi andai e feci la prova di recitare l'Ave, adagio e a voce bassa, per vedere se fosse stata la cantilena delle vecchie che disturbava la sensibilità della piccina, ma appena sentì il nome di Maria, si mise a stralunare gli occhi e a gridare con grugni… Ripetei l'Ave in greco e in francese, ma la bimba ripeteva gli stessi grugniti: bisognava cessare di pregare per non vederla soffrire in modo così lacerante: difatti, appena cessata la preghiera alla Madonna, la bimba diventava normale e anzi la sua bocca si atteggiava al sorriso.

Qualche giorno dopo, venne don Orione; lo conduco su dalla piccola e rinnoviamo l'esperimento… Appena s'inizia la preghiera, urli e grugniti… Chiedo a don Orione: Sarà indemoniata? Don Orione risponde con un gesto di comprensione; la benedisse. Pare che, dopo la benedizione di don Orione, non si verificasse il fenomeno: certo è che, dopo pochi giorni, morì».

Sempre in quell'anno 1938 si ricorda un altro celebre intervento di don Orione. L'esorcismo avvenne a Roma, una domenica di giugno. Don Orione era venuto a Roma in occasione della festa di San Luigi. Una domenica mattina si trovava occasionalmente nella parrocchia di Ognissanti. Si presentò a lui, in sacrestia, un signore molto distinto che lo scongiurò di volerlo ascoltare.

Espose rapidamente a don Orione la situazione drammatica in cui versava sua moglie e lo supplicò di compiere su di lei qualche esorcismo. Don Orione sul momento rifiutò: «Non sono preparato a fare gli esorcismi; bisogna digiunare ed io non ho digiunato; bisogna premettere un periodo di preghiera e di penitenza ed io non ho fatto nulla di tutto questo…»

Il signore insistette e lo pregò di voler tentare. Davanti all'insistenza ed al tono accorato del supplicante don Orione finalmente acconsentì. Prima di iniziare il rito dell'esorcismo vero e proprio volle fare alcuni dei suoi soliti esperimenti per verificare la fondatezza di quanto asserito dal marito. Invita la signora a fare con lui il segno della croce e a recitare il Pater Noster e l'Ave Maria. La donna obbedisce, pronunciando distintamente le parole. Subito dopo don Orione le chiede di voler ripetere con lui la giaculatoria: «O Maria concepita senza peccato… »

A questo punto la scena cambia rapidamente. Uno dei testimoni, presenti al fatto, prosegue così il racconto: «Per tutta risposta all'invito di don Orione di ripetere la giaculatoria alla Vergine Immacolata, quella emette un grido non umano, bestiale, pur essendo chiarissimo ed intelligibile. Urla: “Mai, mai, e poi mai!”, ed emette veri mugolii e versi dei più strani animali Il volto si è fatto come bragia, gli occhi come infuocati e fuori dall'orbita. Si butta all'indietro e arretrando va a finire, con un solo salto, senza rovesciare nulla, sopra un tavolo che era nell'angolo opposto al telefono. Rimane là in posizione tale da meravigliare noi, perché non potevamo spiegarci come potesse rimanervi.

Don Orione tranquillo come se nulla fosse capitato, la chiama e la invita a sedersi; la signora riprende le sue normali sembianze e si accomoda al tavolo di mezzo. Si inizia allora un colloquio tra don Orione e lo spirito infernale: “Come ti chiami?”. Queste parole egli dice in tono imperioso e di comando. Lo spirito risponde con la solita voce: “Non obbedisco”. Don Orione dopo aver divagato nel discorso ed averle chiesto altre cose, e le risposte sino sempre precisissime, ritorna a suggerire la giaculatoria: “O Maria concepita senza peccato”. Per tutta risposta quella dà un grugnito ed emettendo una sequela di suoni strani conclude: “O Maria non concepita senza peccato, pregate per noi… “.

Don Orione allora si mette la stola ed inizia l'esorcismo secondo il rituale. Appena iniziata la recita delle preghiere liturgiche, la donna si butta per terra contorcendosi e mandando gemiti e urla tali da spaventare i più coraggiosi. Difatti tutti i presenti si ritirano: anche perché si è diffusa la voce che gli indemoniati rivelano le colpe dei presenti. Rimaniamo dietro la porta a sentire i lamenti. Don Orione continua a gridare più forte dello spirito le preci degli esorcismi. Ad un certo punto grida forte: “Portatemi il messale”. Vado a prenderlo e vedo la donna per terra, sorretta dal marito che sta lì imperterrito. Don Orione, ad un certo punto, smette. Chiama di nuovo… Ci avviciniamo e don Orione rivolgendosi al marito, gli promette che farà penitenza e pregherà e lo invita a volersi associare nella preghiera. La donna intanto, cessate le preci, ritorna al suo stato normale. Don Orione dà la benedizione e li congeda. Egli è spossato e stanco al punto che mai lo vidi così sfinito di forze. Il sudore gli appare anche all'esterno della veste.

Nella vita di don Orione non vi sono soltanto questi casi negativi ed eclatanti di scontro aperto con il demonio. Egli era solito suscitare una sana e positiva devozione a Maria come forza e sostegno nei momenti difficili. La devozione alla Vergine Santissima costituiva la condizione indispensabile di difesa nella lotta contro il male e di sicura perseveranza nella vocazione. Egli non si stancava di inculcare questa verità, con accenti a volte accorati, ma sempre ispirati a filiale fiducia nell'aiuto e nella mediazione della Madonna.

Ad un suo chierico in profonda crisi spirituale si rivolge con queste parole: «Ho pianto su di te, caro figliol mio, ed ho pregato su di te…. Tutte le difficoltà, tutti i riflessi secondari sono macchine del nemico, che vuole deviarti e perderti, perché, se c'è cosa che il diavolo odia, è la vocazione religiosa. Non si può riuscire, se non col patrocinio di Maria Santissima, col pregarla, la Madonna benedetta… combattendo da valoroso. Io ti ho messo nelle mani della Madonna e a Lei ti affido. Se ti attacchi alla Madonna, sei salvo, e farai un grande cammino! Essa ti parlerà, e il tuo cuore intenderà, e quel contrasto d'animo, di pensieri, di passioni, d'opinioni, che ora ti agitano tanto in certe ore grigie, saranno vinte da te con la fede, con l'umiltà, con la preghiera alla Madonna, che vince ogni battaglia… ».

Riferendosi alla propria esistenza lo stesso don Orione, in altra occasione, confessa: «Se da chierico sono arrivato all'altare ed ora sono sacerdote, se ho potuto fare un po' di bene, dopo che alla grazia di Dio, lo devo alla Madonna Santissima. Se ho potuto vincere tante passioni, se ho potuto resistere al diavolo, nemico d'ogni bene, e agli uomini di mala volontà, suoi adepti, lo debbo alla Madonna».

“ La Madonna della Guardia” – Aprile 2004

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