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Parrocchia Mater Dei.
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Nella foto: Il Concistoro del 19 febbraio 2004.

I Professori Ezio Fulcheri (università di Genova) e Paolo Boccato (università di Padova) sono stati due periti scientifici che hanno studiato l'evento, poi riconosciuto miracolo, della guarigione da tumore polmonare di Pierino Pencca. Li abbiamo intervistati.

INTERVISTA AL PROF. EZIO FULCHERI
Professore di Anatomia ed Istologia Patologica all'Università di Genova
e di Paleopatologia all’Università di Torino


Professor Fulcheri, lei ha seguito il caso come Perito della Postulazione. E’ stato facile l’iter dell’esame scientifico della guarigione del signor Pierino Penacca?
Facile no. Non tragga in inganno l’unanimità di giudizio della Consulta Medica raggiunta alla fine. Sulla guarigione non c'erano dubbi; sulla terapia era documentato che fu inesistente; l'attenzione è stata posta soprattutto sulla diagnosi. La diagnosi di neoplasia maligna era fondata essenzialmente sugli esami citologici, anche se confermata da altre manifestazioni cliniche quali astenia, tosse, dispnea, scadimento delle condizioni generali, colorito cereo, anoressia, calo ponderale. La Conculta Medica chiese una più approfondita indagine citologica per confermare con certezza la diagnosi della malattia. Infatti, la citopatologia diagnostica è probante e certa per la diagnosi. Fu a questo punto che fui consultato anch’io.

E lei, a quali conclusioni è giunto?
Ricordo bene l’atteggiamento con cui mi accinsi allo studio microscopico: avrei dovuto trovare, qualora ci fossero state, le prove che la neoplasia era maligna e che era già in stadio d’invasività e dunque d’irreversibilità. Trovai i segni della malignità e dell'invasività che documentai con fotografie e filmato: presenza di mitosi atipiche, di detriti cellulari necrotici, di abbondante stato infiammatorio e di emazie non lisate tipiche del sanguinamento in atto. Un simile giudizio fu dato, e ripetuto più volte, anche dal Prof. Arnaldo Capelli, dell’Università Cattolica del S. Cuore di Roma, perito consultato dalla Congregazione vaticana.

Non restavano dubbi, dunque.
Ancor più risolutoria è stata l’indagine condotta da un illustre maestro di citologia, il Prof. Paolo Boccato di Padova. Egli, da un lato, ha confermato la diagnosi citologica di malignità, e questo in accordo con tutte le precedenti diagnosi, ma soprattutto ha precisato l’istotipo della neoplasia mostrando, con convincenti documenti fotografici al microscopio, trattarsi di un "carcinoma a grandi cellule indifferenziate"; questo tipo di neoplasia maligna è infiltrante e non prevede precursori di forme iniziali “in situ”. La regressione spontanea, clinica e citomorfologica di tale lesione, senza alcuna terapia - come è avvenuto nel caso del Penacca - , non risulta spiegabile in termini medici. Ciò ha sciolto ogni dubbio per cui la Consulta Medica si è pronunciata all’unanimità nel definire la malattia del Penacca <“carcinoma polmonare, necrotico a grandi cellule, vastamente infiltrante”, con “prognosi infausta quoad vitam” e “terapia inesistente”, per cui la “guarigione rapida, completa e duratura, non è spiegabile scientificamente”.

Grazie della chiara spiegazione del caso dal punto di vista medico. Che sentimenti ha provato da un punto di vista umano a trattare questo caso clinico sapendo il contesto di fede e devozione entro cui si collocava?
Il patologo è chiamato, in campo medico, a riconoscere e descrivere le malattie come si presentano e come evolvono normalmente. La sua professionalità si basa sull’evidenza delle cose e sull’abilità interpretativa di ciò che vede, vale a dire sull’oggettività. In un caso come quello del Penacca, mi sono trovato nella condizione di non poter spiegare scientificamente l’evoluzione della malattia, anzi di doverne negare l’esistenza, in un tempo successivo. Tommaso dovette toccare per credere, per me si è posto il caso di dover riconoscere che non esisteva più in tempi successivi ciò che avevo visto esserci precedentemente.


 


INTERVISTA AL PROF. PAOLO BOCCATO

Docente di Citodiagnostica all’Università di Padova e di Parma


Prof. Boccato, come e quando è intervenuto nello studio della guarigione che poi è stata dichiarata miracolo per intercessione di Don Orione?
Nel 2001 fui interpellato per un parere dal prof. Ezio Fulcheri, anatomopatologo dell’Università di Genova, e successivamente da don Flavio Peloso, Postulatore Generale della causa di canonizzazione del Beato don Orione, relativamente ad un problema interpretativo di diagnosi citologica su alcuni reperti risalenti al 1990, pertinenti ad un Paziente, il signor Pierino Penacca, che, all’epoca, era stato giudicato affetto da un tumore maligno polmonare che lo stava portando all’exitus.
Esaminati i preparati citologici, fortunosamente recuperati a distanza di tanti anni, non ebbi dubbio alcuno che essi testimoniassero una neoplasia maligna del polmone, ma suggerii una diagnosi di tumore “di alto grado”, sicuramente già infiltrante, che abitualmente comporta una prognosi infausta a breve scadenza e che si differenziava per stadio e definizione istopatologica da quanto interlocutoriamente già proposto da altri Colleghi Patologi, il che aveva comportato dubbi e perplessità sulla gravità della malattia e sulla irreversibilità della stessa.

E' proprio chiara la inspiegabilità scientifica della guarigione?
Io ho l’assoluta certezza che nel 1990 il signor Pierino Penacca (il quale fu sottoposto allora solo a qualche blanda terapia sintomatica per la tosse, l’emoftoe e lo stato cachettico pre-agonico) era affetto da “carcinoma polmonare, necrotico, a grandi cellule, vastamente infiltrante”. Tale neoplasia, inequivocabilmente documentata citologicamente, è improvvisamente “scomparsa” (clinicamente e a tutti i successivi controlli clinici, radiologici e anatomopatologici) e ha dimostrato un comportamento che non può in alcun modo essere spiegato in termini medici.

Lei, uomo di scienza, come ha vissuto questo caso clinico dai risvolti spirituali?
Io non sono un uomo di scienza, la domanda è sin troppo cortese: mi ritengo, come i miei Collegli citopatologi, un anatomopatologo che studia al microscopio le modificazioni morfologiche cellulari nelle varie malattie; noi definiamo quindi queste malattie sub specie morfologica e la nostra non è una scienza bensì, se mi consente, l’arte (legata all’esperienza) di identificare correttamente una neoplasia (e non solo una neoplasia), definirne quindi “nome e cognome”, e formulare, sulla base dei dati della letteratura medica, criteri di comportamento futuri della stessa, in altre parole una prognosi.
Il caso clinico di cui trattiamo, e in cui sono stato così profondamente coinvolto, è stato da me, medico morfologo, vissuto nella certezza della diagnosi, le assicuro formulata forse alla prima occhiata microscopica ma certamente profondamente meditata, cui ha corrisposto successivamente il convincimento favorevole dei molti colleghi interessati al caso.
Il risvolto spirituale, su cui tante autorevoli voci religiose si sono favorevolmente espresse dopo il voto (all’unanimità) della Consulta Medica, ha certamente profondamente segnato l’animo di chi le parla, e sono molto grato a Chi ha voluto che un morfologo, quale io sono, abbia avuto l’occasione di profondamente ed umilmente meditare sul “come” una malattia mortale possa essere improvvisamente guarita: tutto ciò, certamente, ha, per un mio privilegio, colmato dubbi ed incertezze del mio passato.

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