C’è molto di Santa Caterina da Siena nello stampo spirituale e apostolico di San Luigi Orione.
Santi, sante e carismi della Divina Provvidenza in "Vita Consacrata", 2000 n.3, p.280-282.
Santa Caterina da Siena e Don Orione in sintonia profonda
Appunti di Don Flavio Peloso
C’è molto di Santa Caterina da Siena nello stampo spirituale e apostolico di San Luigi Orione. Lo si comprende ancor più profondamente facendo una sinossi della vita e degli insegnamenti dei due grandi santi.
L’ESPERIENZA DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Il Dialogo sulla Divina Provvidenza[1] è considerato come la “summa” del pensiero e dell’esperienza religiosa della Santa, patrona d’Italia. Essa parte dalla provvidenza nella creazione e nella storia della salvezza. Ricordiamo che anche il “Piano e programma della Piccola Opera della Divina Provvidenza” prende le mosse da una visione teologica e cristocentrica della storia.
Poi, Santa Caterina invita a leggere la provvidenza anche nella vita di ogni giorno, e risponde alle possibili obiezioni. Il suo pensiero è situato sulle vette della contemplazione, dettato da un rapporto amoroso e vivo con Dio. “Potevo io dare ad ognuno tutto? – chiede Dio –. Sì, veramente; ma volli con provvidenza che l’uno si umiliasse all’altro, e fossero ambedue costretti ad usare insieme l’atto e l’affetto della carità”.
L’argomento non è nuovo né privo di fascino: la carità unisce la causa prima (Dio) e le cause seconde (gli uomini) nell’unico disegno della Divina Provvidenza.
La Divina Provvidenza che tutto signoreggia suscita una particolare responsabilità politica in quanti vogliono essere di essa buoni amministratori. A Pietro del Monte, podestà di Siena, Caterina scrive: "Siate vero giudice e signore nello stato che Dio v'ha posto e direttamente rendiate il debito al povero ed al ricco, secondo che richiede la santa giustizia, la quale sia sempre condita con misericordia".
Giovanni Paolo II ha definito Santa Caterina da Siena (1347-1380),[2] "la mistica della politica". Infatti, nelle lettere ai politici suoi contemporanei, la Santa ricorda che il potere di governare la città è un "potere prestato" da Dio. Anche Don Orione aveva un forte senso storico e sociale della Provvidenza. Benedetto XVI ha presentato Don Orione come “modello insigne di carità sociale” del XX secolo (cfr Deus Caritas est, 40).
Nel quadro dell’esperienza della Divina Provvidenza, santa Caterina affronta il tema del male e di “coloro che si scandalizzano e si ribellano davanti a ciò che loro capita”. La risposta da lei data, quasi a commento di Rom 8,28, è che “tutto viene dall’amore, tutto è ordinato alla salvezza dell’uomo, Dio non fa niente se non a questo fine” (Dialogo IV, 138). E la Santa scende a casi concreti, dando ai fatti delle interpretazioni che l’uomo d’oggi forse sentirebbe come ostacoli alla fede, più che come inviti ad essa. Santa Caterina vede, per esempio, l’azione provvidente di Dio anche nel caso di un giovane perugino condannato a morte, che lei ha convertito prima che subisse la pena. “Sappi – gli spiega il Signore - che, per scamparlo alla dannazione nella quale egli era, io permisi la sua morte, affinché col suo sangue avesse vita nel Sangue della mia Verità” (Dialogo IV, 139). E più avanti: “Il povero, benché non abbondi, ha abbastanza per le sue necessità. Io non manco mai di aiutarlo, finché spera in me. Qualche volta conduco questi poveri quasi all’estremo, perché meglio conoscano e vedano che io posso e voglio loro provvedere, si innamorino della mia Provvidenza e abbraccino la sposa, che è la vera povertà.” (Ib. 149).
Sono certamente interpretazioni dei fatti che sorprendono l’intelligenza dell’uomo d’oggi abituato a una lettura puramente razionale e casuale degli avvenimenti. Solo i mistici si avventurano per questi sentieri, ben sapendo che, come diceva Sant’Agostino, la prima carità per l’uomo è Dio stesso. “Ciò che Dio dà a noi e permette in questa vita, di qualunque fadiga, tribolazione e angoscia si sia, tutto il fa per condurci al sommo Bene, e perché cerchiamo il bene in lui, non nel mondo”.[3]
San Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: "Nulla accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio".[4]
Don Orione sapeva vedere la mano di Dio anche nel male e nella sofferenza: “...la mano di Dio conduce tutte le cose. Qualcuno di voi dirà: Anche i mali? Si, anche i mali morali . Anche il peccato?. Si, anche il peccato. Non il male morale per sé, ma perché ci fa sentire che tutti siamo deboli, che dobbiamo gettare la fronte nella polvere, che siamo niente davanti al Signore, che non dobbiamo altro che invocare l’aiuto di Dio, il conforto, la luce, la grazia, la misericordia di Dio”.[5]
Questa intelligenza degli avvenimenti, compresi alla superiore luce di Dio, rese Don Orione "profeta" e "pioniere" di numerose novità ecclesiali e sociali. Egli era molto sensibile ai problemi del suo tempo e sapeva cogliere in essi la voce di Dio che lo chiamava a dare risposta. Guidato dallo Spirito, era capace di leggere e di reagire creativamente di fronte ai segni dei tempi. Essere figli della Divina Provvidenza comporta il mettersi come strumenti nella mani della Divina Provvidenza per diventare a nostra volta "provvidenza" per i fratelli.
CARITÀ ECCLESIALIZZATRICE
È certamente la Carità la virtù dominante che distingue Don Orione nella sua santità e nella sua esemplarità popolare. Ma si tratta di Carità in quanto "ecclesiale", in quanto agisce con il fine di ricostituire la Chiesa, che sta perdendo vitalità (“pallida sposa di Cristo”), che sta perdendo i poveri e le masse popolari. E’ carità che intende presentarsi come azione della Chiesa stessa. Don Orione viene così ad inserirsi in quel tipico "filone" di santi "ecclesiali", che appaiono chiaramente suscitati da Dio per reagire alle numerose provocazioni storiche contro la Chiesa. Spontaneo pensare anzitutto a Caterina da Siena, dalla quale il nostro Padre mutua spesso espressioni, che ripete con la stessa intensità di amore.
Don Orione "crede" nella Chiesa, non è animato da una specie di entusiasmo ingenuo e umano; ne conosce la santità e la fragilità. Essa è la "Sposa di Cristo" - "pallida Sposa di Cristo" da rinvigorire con il sangue della carità, come ebbe a dire con Santa Caterina da Siena -, ma sempre viva, amante, generante, provvidente verso gli uomini e la società con il dono più prezioso: la vita divina per l'opera dello Spirito Santo. E riproponeva il noto assioma di San Cipriano: "Non avrai Dio per Padre se non avrai la Chiesa per Madre".
CARITÀ CROCIFISSA
La carità si esprime nell’amore alla croce, al sacrificio, in unione e partecipazione alle sofferenze di Cristo.
È significativo a proposito, quanto scrive Santa Caterina da Siena riguardo a coloro che sono nella carità perfetta: “Perché il vostro frutto sia più abbondante e saporito, io vi travaglio con numerose tribolazioni, affronti, ingiurie, oltraggi, disprezzi, rimproveri… La tribolazione è il segno dimostrativo che fa giudicare della perfezione o imperfezione della carità in un’anima”.
A riguardo delle prove interiori, anche Don Orione ha fatto esperienza di certe ‘notti dello spirito’. Lui stesso accenna a ‘grandi prove’ e ‘forti tentazioni’ e addirittura ad ‘angosce mortali’. “Non ci spaventino le prove, non le tribolazioni, non i dolori; alle anime e alle opere che Iddio ama, moltiplica le tribolazioni e dolori. Le opere del Signore, tutte o quasi, nascono tra il dolore e si fortificano nel dolore; e i dolori più profondi fanno le gioie più alte e più sante. Solo dobbiamo saper nascondere le nostre lagrime nel Cuore aperto di Gesù Crocifisso, e cercare di cavarne emendazione sincera ed umile di vita, e utilità, con virtù religiose, e specialmente da questi segni, da queste morti, da queste chiamate di Dio vediamo di comprendere bene, e interiormente, ciò che Iddio vuole da noi e dalla nostra umile Congregazione.[6]
PER LA SALVEZZA DELLE ANIME
La carità spinge a tal punto alla identificazione con Cristo redentore da portare a volontà di immolazione per la salvezza delle Anime.
Don Orione ripeté che la Congregazione è nata ai piedi del Crocifisso e dal suo grido “Sitio”. Visse il suo slancio apostolico in quello che divenne un motto tra i suoi più tipici “Anime! Anime!”. Parlò di “musica profondissima della carità” di “croce, di martirio, di olocausto di carità”-
Il beato P. Raimondo da Capua, padre spirituale di Santa Caterina da Siena, nella sua biografia,[7] riferisce queste parole della Santa rivolte a Gesù durante un’estasi: “Se, salva l’unione della tua carità, io fossi posta su la bocca dell’inferno per chiuderla sì, che nessuno vi potesse entrare, sarebbe per me una cosa gratissima, perché così si salverebbero tutti i miei prossimi”.
Non sappiamo se Don Orione conoscesse questo testo, ma la sua passione redentiva giunse ad usare la medesima espressione. “La perfetta letizia non può essere che nella perfetta dedizione di sé e Dio e agli uomini, a tutti gli uomini, ai più miseri come ai più fisicamente moralmente deformi, ai lontani, ai più colpevoli, ai più avversi. Ponimi, o Signore, sulla bocca dell’inferno perché io, con la misericordia tua, lo chiuda. Che il mio segreto martirio per la salvezza delle anime, di tutte le anime, sia il mio paradiso e la suprema mia beatitudine.[8]
DON ORIONE CITA SANTA CATERINA DA SIENA
Premessi questi accenni alla forte sintonia tra Don Orione e Santa Caterina da Siena, ascoltiamo alcune citazioni della santa disseminate da Don Orione nei suoi insegnamenti.
Una grande santa italiana, una delle più grandi nostre Sante – che fu chiamata la più santa delle italiane e la più italiana delle sante a somiglianza di San Francesco, e tra le nostre scrittrici non ultima ma prima, - con un’espressione bellissima, con l’espressione più dolce della fede, chiamava il Papa il “dolce Cristo in terra”.
Eppure nel suo amore ed attaccamento alla Chiesa non lasciava di dire cose fortissime, ed insieme molto devote. E quando in un periodo tristissimo di storia della Chiesa, vi fu lo scisma, essa si schierò dalla parte del Vicario di Gesù Cristo… La poetessa del sangue, Santa Caterina da Siena, usava parlare così per definire il Papa, lo chiamava il “dolce Cristo in terra”. Questo sia come il nostro credo brevissimo, che dica in modo inenarrabile tutto il nostro attaccamento e tutta la nostra devozione a chi rappresenta in terra Nostro Signor Gesù Cristo stesso. (Parola X, 36)
Quest’è, e non altrimenti, essere figlio della Divina Provvidenza: non guardare alla persona no, ma guardare in lui Gesù Cristo, amare e seguire in lui Gesù Cristo, con umile e piena adesione di mente, di cuore, di opere, e con un amore incorruttibile e dolcissimo e più che filiale: chiunque esso sia, il Papa, per noi è Gesù Cristo visibile e pubblico è il dolce Cristo in terra, come lo chiamava e venerava S. Caterina da Siena. (Scritti 6, 199)
Santa Caterina da Siena, della quale abbiamo celebrato la festa pure l'altro ieri, lasciò scritta questa sublime e profonda espressione: «Con carità fraterna vivete caritativamente» (lett. CCIII), e mi pare volesse dire: che la carità degli atti esteriori e interiori e delle accoglienze fraterne in Gesù Cristo dev'esser tale da formare la carità della vita. (Scritti 20, 74)
Santa Caterina da Siena in uno de' suoi inni alla carità, esce in queste parole, piene della luce di Dio: «O carità piena di letizia, tu se' quella madre che nutrichi i figli delle virtù al petto tuo. Tu sei ricca sopra ogni ricchezza, intanto che l'anima, che si veste di te, non può essere povera. Tu le doni la bellezza tua».
La carità «non quaerit quae sua sunt, sed quae Jesu Christi» scriveva ai Corinti l'apostolo, e l'Imitazione di Cristo, con frase non meno viva dice che chi ha carità «in nulla re se ipsum quaerit» (Lib. I - Cap. XV). E Santa Caterina da Siena: «Colui che è arso e consumato di questa carità, non vede sé». (Scritti 20, 75)
E il Signor nostro Gesù Cristo ti illumini, ti consoli e ti conforti: il Signore apra il tuo cuore all’amore di Dio e alla costanza di Cristo nell’umile fedeltà e devozione senza limite filiale alla santa chiesa cattolica, nostra madre e al Papa, quale a Vicario del nostro Dio e Signore Gesù, che la grande Caterina da Siena soleva chiamare con amore «il dolce Cristo in terra» (Scritti 40, 129)
È amore di Dio che si capisce di meno, che costa di più, ma che sarà di più valutato nel dì che n. Signore ci chiamerà per pesare la nostra fedeltà e il nostro cuore nella generosità e grandezza dell’affetto alla sposa di Gesù Cristo e al suo Vicario, al «dolce Cristo in terra», come lo chiamava S. Caterina da Siena. (Scritti 48, 267)
Il perché l’amore che ci portiamo e che portiamo alla nostra Congregazione, va a terminare nell’amore alla Chiesa, di cui anzi tutto siamo figli: al Papa, che è il Capo, e Vicario in terra di Gesù Cristo, e «dolce Cristo in terra», come lo chiamava S. Caterina da Siena, e va a Nostro Signore stesso, a Gesù Cristo, e a Gesù Cristo crocifisso, come va al prossimo, cioè al suo corpo mistico che è la Chiesa e tutta l’umanità redenta. (Scritti 51, 87)
E nella vita di S. Caterina da Siena si legge nel breviario che: «Nemo ad eam necessit qui non melior abierit» (2 Noct. Fest). Ah, che altrettanto si possa dire di ciascun figlio della Divina Provvidenza! (Scritti 52, 35)
Vivere operare e morire d’amore per il Papa: ecco questa, e solo questa è la Piccola Opera della Divina Provvidenza. Essa vive per diffonderne il nome, la gloria e l’amore; per sostenerne e difenderne l’autorità e la libertà: per camminare alla sua luce.
Non vogliamo, non conosciamo altro maestro, né altra luce, non conosciamo, non vogliamo altro pastore : non conosciamo né vogliamo altro padre, né altro Cristo pubblico e visibile in terra: Egli, e lui solo il Papa e il dolce Cristo in terra secondo l’espressione di S. Caterina da Siena. (Scritti 52, 112)
Noi dobbiamo conformarci in vita al Crocifisso; ho letto solo jeri in una lettera di S Caterina da Siena: «unitevi e trasformatevi e conformatevi a Gesù Cristo e in Gesù Cristo». (Scritti 4, 257)
Dovete essere come quel santo religioso di cui in una sua lettera parla santa Caterina da Siena. Essa, la grande santa e perfetta religiosa diceva di lui: «della cella si fa un cielo!». L’anima, che ama e vuole amare il Signore, nella solitudine, nel lavoro e nel silenzio fa grande profitto e v’impara i sensi arcani delle sante Scritture. (Scritti 4, 155)
E a te che dirò? Su via, o fratello, andiamo avanti insieme: Gesù è con noi. Per amor di Gesù abbracciammo la Croce, per l'amore di Gesù perseveriamo in croce! Santa Caterina da Siena animava il Papa a tornare nella sua Roma (Lettera CCXXXIII), dicendogli “Su, virilmente, o Padre!” (Scritti 73, 174)
La grande Santa e Scrittrice Caterina da Siena scriveva in una delle mirabili sue lettere: Non é buono il cavaliero se non si prova sul campo della battaglia: così l’anima vostra si debbe provare alla battaglia delle molte tribolazioni; e, quando allora si vede fare prova di pazienza, e non volta il capo indietro..., può godere e esultare. (Lett. I) (Scritti 80, 256)
“La carità è come il fiume montano, ha la sorgente in alto l’Agnello svenato”, S. Caterina da Siena la Santa e la poetessa del Sangue, la grande italiana e la figlia devota alla Chiesa, la Santa del Dolce Cristo in terra. (Scritti 81, 310)
Chi muore amando Dio non s’inquieta per i dolori che porta seco la morte, ma di non poter patire di più e gli offre quelle ultime reliquie e si consola di unire il suo sacrificio a quello di Gesù e così felicemente muore. S. Caterina da Siena: Consolatevi, lascio le pene, vado alla pace. (Scritti 86, 111)
La nostra Congregazione promuove la causa dell’universalità e dell’unità della Chiesa di Gesù Cristo; trasfonde, con la fede e la carità di Gesù Cristo, la fede e l’amore al Papa, Vicario di Gesù Signor Nostro, “dolce Cristo in terra”, come già lo chiamava la grande santa e grande italiana Caterina da Siena. (Scritti 90, 377)
Caterina da Siena vuole che ciascun’anima si ponga innanzi “l'obbedienza di Cristo Crocifisso, il quale per l’obbedienza del Padre e per la salute nostra corse all’obbrobriosa morte della croce.” (Scritti 98, 36)
Preghiera composta da Santa Caterina da Siena prima di morire.
O Dio eterno, o Maestro buono, che hai fatto et formato il vasello del corpo della tua creatura del limo della terra.
O dolcissimo amore, di così vile cosa l’hai formato, et avi messo dentro tanto grande tesoro, quanto è l’anima la quale porta la immagine di te, Dio eterno. Tu Maestro buono, amore mio dolce, sé quello Maestro che disfai e rifai - tu spezzi et rinsaldi questo vasello secondo che piace a la tua bontà.
A te, Padre eterno, io offerto di nuovo la vita mia per la dolce Sposa tua; che quante volte piace alla tua bontà, tu mi tragga dal corpo, et rendami il corpo, sempre con maggiore pena, l’una volta che l’altra; pur che io vegga la reformazione di questa Sposa dolce della Santa Chiesa. Io t’addimando, Dio eterno, questa Sposa. Anco ti raccomando i dilettissimi figliuoli miei, et pregoti sommo e te eterno Padre, che se alla tua misericordia et bontà piacesse di trarmi da questo vasello, et non farmi più tornare, che tu non gli lassi orfani, ma visitali con la grazia tua et fagli vivere morti, con vero et perfettissimo lume. Legali insieme nel vincolo dolce della carità, acciò che muoioano spasimati in questa dolce Sposa. Et pregoti Padre eterno, che niuno me ne sia tolto dalle mani, et perdonaci tutte le nostre iniquità. Et a me perdona la molta ignoranzia, et grande negligentia che io òcommessa nella Chiesa tua, di non avere adoperato quello che io avarei potuto ed dovuto.
Peccavi Domino, miserere mei. Io offero a te et raccomandoti i dilettissimi figliuoli miei, però che essi sono l’anima mia.
Et se alla tua bontà di farmi pure stare in questo vasello, tu sommo medico el cura et provvede, però che egli è tutto dilaniato. Dona Padre eterno dona a noi la tua dolce benedizione.
A dì XV di febbraio 1380 (Codice Gori-Pannilini) (Scritti 103, 138)
“Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e poi tutto vi sarà dato. Ecco ciò che dovremmo far tutti: cercate Dio in tutto e la sua gloria, sicuri che Iddio penserà a noi. “Tu pensa a me - diceva Cristo a S. Caterina de Siena - ed io penserò a te”. (Scritti 111, 30)
Questa pace e felicità di spirito noi la avremo se, come diceva S. Caterina da Siena, non andiamo col giudizio nostro, ma “pigliamo il giudizio nella dolce volontà di Dio”, (Lett.CL) e la volontà di Dio non la metteremo nel nostro cervello, come la donna Prassede del Manzoni.
E finirò ancora con la grande Santa e scrittrice Caterina, della quale sto leggendo delle pagine meravigliose. Dice dunque la grande Santa e la grande italiana: “Non c’è buono cavaliero se non si prova sul campo della battaglia: così l’anima nostra si debbe provare alla battaglia delle molte tentazioni e tribolazioni; e quando allora si vede fare prova di fortezza e di pazienza, e non volta il capo indietro ... può godere ed esultare”. (Lett. I.a) Caro Piccinini, sii “buono cavaliero” di Cristo! (Scritti 115, 19)
Il Signore mantenga sempre forte in noi il vincolo della sua carità. S. Caterina da Siena, della quale abbiamo celebrata la festa pure l’altro ieri, lasciò scritta questa sublime e profonda espressione: “Con carità fraterna vivete caritativamente” (Lett. CCIII), e mi pare volesse dire: che la carità degli atti esteriori e interiori e delle accoglienze fraterne Gesù Cristo dev’essere tale da informare la carità della vita.
La carità divina vince tutto, “e aumenta le forze dell’anime” dice l’Imitazione di Cristo, cioè le virtù, perché‚ essa è madre di tutte, e dà vita ad ogni opera buona, che è secondo il Cuore di Dio, e ci sostiene nel lavoro e nel nostro facchinaggio per le anime.
Santa Caterina da Siena in uno de’ suoi inni alla carità, esce in queste parole, piene della luce di Dio: “O carità piena di letizia, tu sé quella Madre che nutrichi i figli delle virtù al petto tuo. Tu sei ricca sopra ogni ricchezza, in tanto che l’anima, che si veste di te, non può essere povera. Tu le doni la bellezza tua.” (Scritti 115, 274)
[1] Il dialogo della Divina Provvidenza, ovvero Libro della Divina Dottrina, a cura di G. Cavallini, Siena, 1995; Il dialogo della Divina Provvidenza, a cura di Maria Adelaide Raschini, III ed., ESD, Bologna, 1991; A. Scarciglia, Santa Caterina dialoga con Dio Padre, Ed. Cantagalli, Siena, 1999.
[2] S. Caterina da Siena. Vita scritta dal beato Raimondo da Capua, tradotta da P. Giuseppe Tinagli, Ed. Cantagalli, Siena, 1991; G. Anodal, Una maestra di vita. S. Caterina de’ Ricci, ESD, Bologna, 1995; Tomaso da Siena, Santa Caterina da Siena. Legenda minor, Ed. Cantagalli, Siena, 1998; Lettere scelte di Santa Caterina da Siena, Ed. Cantagalli, Siena, 1991.
[3] Così nella lettera 301, in Caterina da Siena. Le cose più belle, (a cura di F. Tozzi), Ed. Logos, Roma, 1979.
[4] San Tommaso Moro, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio avuto in carcere con il padre, in Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del 22 giugno; cfr. A. Paredi, Vita di Tommaso Moro, Ed. O.R., Milano, 1987. Due cenni orionini sul tema del male e della Provvidenza. Il venerabile Frate Ave Maria, Eremita cieco della Divina Provvidenza, trovò “naturale” celebrare il 25° e 50° della “grazia della cecità per vedere solo la luce di Dio”, donatagli quando aveva 12 anni, mediante una scarica di fucile sul viso da parte di un compagno di giochi. Don Orione, apostolo dei poveri e della salute sociale e ben lontano da fughe spiritualiste, era ben consapevole che “La più grande carità (provvidenza) che possiamo fare ad un’anima è darle Dio”.
[5] Messaggi 18, 11. Cfr. Rm 8,28: "Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno".
[6] Lettere I, 169.
[7] Santa Caterina da Siena, 5a edizione, Cantagalli, Siena, 2005, p.30.
[8] Scritti 63, 227.