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Parrocchia Mater Dei.
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Autore: Flavio Peloso

La rivista di studi “Messaggi di Don Orione” pubblica un carteggio inedito che rivela la stretta relazione tra Ernesto Buonaiuti e il beato Don Luigi Orione. L’Autore ricostruisce una umanissima pagina di rapporti ecclesiali tesi tra verità e carità. Fu Pio XI a mettere Don Orione sulle tracce del Buonaiuti. Il Buonaiuti svolgeva un’attività nascosta di solidarietà avvalendosi di Don Orione.

Non sono riportate le note dell'articolo.

Cfr. Ernesto Buonaiuti e Don Orione sul ponte della carità, "Messaggi di Don Orione" 29(1998) n.98, p.43-63.


Don Ernesto Buonaiuti (1881-1946) fu forse l’esponente più rappresentativo del movimento modernistico in Italia. Studiò al Seminario romano ed emergeva assieme ad altri due studenti suoi coetanei: Eugenio Pacelli e Angelo Roncalli. Questi divennero Papi e lui “modernista scomunicato”. I suoi libri furono messi all’Indice. Non poteva insegnare nelle università. Insomma, fu uno di quei “casi spinosi” che feriscono la Chiesa, la sua verità e la sua unità.

Gli storici ricostruiscono con molta precisione di dettagli quanto riguarda Don Ernesto Buonaiuti, la sua vicenda culturale, il modernismo. A noi interessa fare luce solo su un aspetto, umano e spirituale, che emerge da documenti e testimonianze riguardanti la sua relazione - di più, amicizia e devozione - con il beato Don Orione negli anni del modernismo.

Don Luigi Orione, che Giovanni Paolo II nel giorno della beatificazione ha definito “una meravigliosa e geniale espressione della carità cristiana”, “certamente una delle personalità più eminenti di questo secolo per la sua fede cristiana apertamente vissuta”, nacque a Pontecurone (AL) nel 1872. Dunque, aveva nove anni più di Buonaiuti.

Quando i due entrano in contatto, negli anni ‘20, Don Orione era personaggio che godeva già di grande fama di “uomo santo” e di fondatore di una Famiglia religiosa di preti, suore, eremiti, ecc. dedita soprattutto alle opere di carità. Era conosciuto come sacerdote di grande zelo, di modi umilissimi, predicatore e trascinatore di folle, geniale nelle iniziative di bene, instancabile nel sacrificio di sé. Sapeva unire intelligenza e carità guidate da una prudenza che lo rendeva tempestivo e illuminato nel capire e risolvere problemi di vita, tanto riguardassero singole persone che la società e la Chiesa. Era fedele ma non gretto, di fede semplice e popolare ma aperto a quanto la cultura e la scienza venivano offrendo. I Papi, i Dicasteri romani, numerosi Vescovi e sacerdoti ricorrevano a lui per consigli e aiuti concreti.

Probabilmente Papa Pio XI in persona chiese a Don Orione di interessarsi di Buonaiuti, non tanto del “caso Buonaiuti” ma della sua persona. “Fui incaricato di avvicinare Ernesto Buonaiuti confidò Don Orione -. Se Buonaiuti verrà di nuovo all’ovile per mezzo di questo ponte sarà un vero miracolo”. (Riunioni, p.202)

Adele Costa Gnocchi, professoressa di Montefalco (PE) che viveva a Roma, conferma questo fatto. “Don Orione, per mandato del Santo Padre, avvicinò più volte il famoso Don Ernesto Buonaiuti. E, come questi medesimo ebbe a dirmi, gli fece del bene. Io ho fatto da tramite in queste relazioni, munita dei dovuti permessi” (Summarium ex processu, p.332). E’ da notare come l’iniziativa parta del Papa. Insieme al braccio fermo del magistero, che sembrerebbe allontanare il Buonaiuti, si accompagna il braccio amoroso del Papa – attraverso Don Orione - che lo vuole abbracciare. In realtà, ambedue le braccia intendono stringere a Cristo.

Don Orione raggiunse il Buonaiuti in momenti diversi, delicatamente ed energicamente. Non lo mollò più. Sempre fiducioso nell’uomo e nella sua capacità di apertura a Dio, di ripresa, confidava che “l’ultimo a vincere sarà Dio e Dio vince in una grande e infinita misericordia”.

Per essere vicino al Buonaiuti, Don Orione non faceva sconti sulla verità, non metteva tra parentesi la sua fede nella Chiesa, nella sua autorità, nel Papa. Senza data è questa sua esortazione al Buonaiuti che sfocia in un inno a Roma cristiana e papale.

“Ah! Se il fratello separato, che ieri mi scriveva, pregasse solo un po’, come ritroverebbe egli la via diritta del ritorno a questa gran Madre a cui il Signore dedit latitudinem cordis: come nell’amore dolcissimo Essa attingerebbe balsamo e conforto alla sua vita e splendore di fede purissima ai suoi passi, né più oserebbe dividere Paolo da Pietro. Quel Paolo che non badò a lontananza di luoghi, né disagi di viaggi per andare a Gerusalemme a vedere Pietro e, pur con tutto lo zelo dell’apostolato che lo divorava, rimase con Lui quindici giorni.

Sono a Roma! e mi arde il cuore d’amore al dolce Cristo in terra.

Sono a Roma, nel santuario della mia fede, e vivo tra un gruppo di carissimi chierici nostri. Vivo qui, tra le classiche meraviglie non lontano dal Colosseo, tra monumenti sacri e venerabili, a pochi passi dal Mosè di Michelangelo, dalla tomba del Cardinale Cusano, dalle catene di San Pietro.

Tutto è per me incanto di venerazione e di amore alla Chiesa. Qui è il cuore della Chiesa e mai, forse, come in questi giorni ho sentito la bontà, la immensità, il gran cuore della Chiesa e quanto a ragione S. Ambrogio la paragonasse al mare, al mare sterminato che bagna tutte le sponde, tutte le nazioni con le acque salutari dell’amore e della vita!” (Scritti 43, 242)

Al Buonaiuti, questo prete ben noto per le sue opere di carità e per la sua piena “ortodossia papale” avrebbe potuto apparire un fideista, un buono e volonteroso che cerca di convertirlo... un importuno. E invece no. Lo riconosce autentico. Sa cosa può aspettarsi da lui e proprio questo da lui cerca e in lui apprezza: il calore umano, l’interessamento pratico, il rispetto per l’uomo e per il prete, la fede robusta e intelligente che si slancia fin che può e poi si consegna alla carità, alla Divina Provvidenza. Non rifiutò mai, anzi ricercò, questa relazione fraterna e cordiale di Don Orione. Forse era uno dei pochi ecclesiastici che tenessero rapporto con lui “vitando”.

Quando il Buonaiuti andava a incontrare Don Orione, nella sua casa di Via delle Sette Sale 22, a Roma, dimenticava di essere il grande scrittore, lo studioso di spicco e controverso, l’intellettuale noto in Italia ed in Europa. Si presentava alla porta semplicemente come “Don Ernesto”. In quella casa viveva un gruppo di Chierici di Don Orione, studenti alle università romane. Molti di essi hanno ricordato un fatto. Venuto il Buonaiuti, Don Orione li chiamò mentre erano in ricreazione affinché gli baciassero la mano. Buonaiuti si schermiva. In seguito, Don Orione spiegò che aveva fatto quel gesto anche per incoraggiare, con un atto di stima, quella povera anima desolata.

Il “caso Buonaiuti” era divenuto uno strappo con la Chiesa destinato a non ricucirsi più. Il grande studioso si era rifiutato di sottoscrivere la formula canonica dell’abiura delle sue idee e, il 25 gennaio 1926, giunse la maggiore scomunica (“vitando”). Don Orione continuò a sperare e a cercare la riconciliazione del “fratello separato” con la Madre Chiesa.

E’ del 23 ottobre 1928 una lettera di Don Ernesto Buonaiuti portata da Don Orione a Papa Pio XI. Non si tratta di una “abiura” formale, ma di una aperta adesione all’insegnamento della Chiesa. E’ una professione di fedeltà e una supplica molto ‘simile’ all’abiura. Copia è conservata nell’Archivio di Don Orione. Questo fatto ed altre espressioni del testo, tipiche della penna di Don Orione, fanno pensare che esso sia stato scritto a due mani o, comunque, concordato tra i due.

Vi leggiamo: “Un nuovo irresistibile impulso della coscienza mi induce a ribadire ancora una volta l’espressione della mia tenace e piena adesione all’insegnamento infallibile della Chiesa cattolica, del mio immutabile vincolo di fedeltà ai suoi eterni valori, del mio proposito inconcusso di uniformarmi ai doveri infrangibili della mia professione religiosa”. Altro fatto che determina l’iniziativa del Buonaiuti è la ricorrenza del suo 25° di sacerdozio che - scrive nella medesima lettera - “non potrei lasciar trascorrere senza compiere l’estremo tentativo di recuperare, attraverso la proclamazione del mio indelebile carattere e della mia indistruttibile vocazione, quella pienezza di mansioni sacerdotali, la cui privazione costituisce (...) l’appannaggio doloroso del mio duro ostracismo”.

Nella lunga lettera si coglie il dramma di quest’uomo: da una parte rimase fedele e coerente al suo sacerdozio e, dall’altra, non se la sentì di abiurare le sue idee e i suoi scritti giudicati apertamente in contrasto con la dottrina cattolica.

Don Benedetto Galbiati, figura illustre di letterato e rinomato predicatore, pure lui toccato dalla carità sacerdotale di Don Orione, ha espresso la convinzione che “Ernesto Buonaiuti forse sarebbe stato salvato dall’abisso, se altri intervenuti non avessero precipitato la tragedia e tolta a Don Orione la possibilità di condurre a termine l’opera incominciata. Quando quello sciagurato, privo della cattedra, costretto a cedere la Rivista di Studi Religiosi, cominciò a tener discorsi sul cristianesimo preniceno, Don Orione intuì il motivo di quell’attività perniciosissima per l’ortodossia - il bisogno, la fame -; e a due coniugi, che gli offrivano in Roma una cospicua offerta, dette l’indirizzo dell’apostata ‘perché facessero in lui una grande carità’” (Summarium 336).

Forse, si riferisce a questo episodio il biglietto di Buonaiuti al Beato tortonese del 1.10.1934: "Dio benedica sempre più copiosamente questa tua carità, vasta e santa, senza confini, senza limitazioni, senza clamori! Proponi secondo il Vangelo! Ti amo e ti venero sempre più! B.".

Don Orione continuò a seguire e ad aiutare il Buonaiuti. E il Buonaiuti sapeva di poter contare su Don Orione. L’Archivio orionino conserva una decina di lettere riguardanti richieste del Buonaiuti a Don Orione affinché questi intervenga per la buona soluzione di casi di bisogno umano o spirituale.

Qualche esempio. In data 11.4.1931 gli scrive: "Carissimo, ho saputo dalla Costa Gnocchi che sei a Roma. E allora ricorro subito a te per un'opera cristiana (amministrazione del battesimo a un israelita quarantenne) su cui ti parlerà la latrice della presente. Come anelo a vederti! E. Buonaiuti".

E’ del 21.6.1934 una lettera nella quale chiede l'aiuto di Don Orione per accogliere in Istituto un ragazzo bisognoso. Lascia trasparire i tratti tenerissimi della relazione che intercorreva tra i due.

“Amico santo e venerato, auguri, auguri, auguri dal proscritto e dalla sua madre, sempre addolorata. Il ricordo delle parole ch’Ella mi ha detto, in ore indimenticabili, è sempre vivo e fruttifero nel cuor mio. Attendo l’ora del Signore! Sento l’azione della preghiera ch’Ella innalza per me. Dio la benedica nel Suo grande lavoro, sempre! Ad una povera e buona famiglia di Settecamini il nostro povero Don Alfredo (il fratello del Buonaiuti, morto l’anno precedente, n.p.) aveva fatto sperare ch’Ella avrebbe accolto un suo ragazzo undicenne. Quella buona famiglia si rivolge ora insistentemente a me. Vuole Lei far contenta l’anima benedetta del mio povero fratello? Scriva alla Famiglia Novelli (Agro Romano) Settecamini dicendo di portare il ragazzo. Grazie. L’esule”.

Sorprende questa attività nascosta di "intermediario di soccorso" svolta dal Buonaiuti. E sorprendono i toni umanissimi delle sue parole. In un altro biglietto indirizzato a Don Orione, scrive: "Mio venerato amico, ecco il giovanetto Vincenzo Tazzuti che la tua sconfinata e pronta al soccorso bontà ha promesso di accogliere. Dio benedica sempre il tuo cuore. Il ragazzo sa quale tepore trova sotto le tue ali. Ti bacio. L'esule".

Nel 1934 , Don Orione partì per l’America Latina e vi si fermò tre anni, fino al 1937. Si interruppe la relazione e la fraterna assistenza, ma non l’affetto ed il vincolo spirituale. Questo riprese, vivo, al ritorno. Ne troviamo documentati segni.

Il primo, è una lettera del 12.12.1938. Buonaiuti affida alla cura di Don Orione un giovane in difficoltà con parole quasi autobiografiche.

“Caro, Ti si presenta un mio giovane amico. Ti spiegherà il suo caso. E’ un boccheggiante sulla via, colpito, malmenato, lasciato nell’abbandono. Tu sei il buon Samaritano. Lo sanno tutti; io lo so meglio di ogni altro. Lo metto sul tuo cammino. Non lo lascerai boccheggiare. Lo raccoglierai e lo curerai. Ti indico - scusami - la cura. Tu dovresti mandarlo ad insegnare in una delle tue istituzioni nell’America del Sud. Non aggiungo una parola: tutti i tuoi secondi sono preziosi. Io... sono sempre assetato del tuo ricordo. Prega e ricordami. E.Buonaiuti”.

Probabilmente del medesimo periodo è un secondo biglietto. Ancora una volta Buonaiuti si fa tramite, presso Don Orione, per dare aiuto ad un bisognoso “di luce e di soccorso spirituale”. Dalla propria esperienza sapeva cosa significa soffrire e, insieme, conosceva il cuore di Don Orione. Scrive: “Caro, il latore della presente è un mio carissimo amico e fratello. Ha bisogno di luce e di soccorso spirituale. Tu ne puoi dare, copiosissimamente. Ricevilo con la tua grande bontà. E.Buonaiuti”.

Il Buonaiuti, “soccorso”, diventava soccorritore di altri “bisognosi di luce e boccheggianti sulla via” affidandoli a Don Orione.

Purtroppo, Don Orione non ebbe la consolazione di vedere questo suo amatissimo “fratello separato” godere la pace e l’unione in seno alla Chiesa. Don Orione morì il 12 marzo 1940.

Al Buonaiuti restò la nostalgia consolatrice di un fratello che gli aveva voluto veramente bene. A noi, che a distanza di anni veniamo a conoscere pagine di vita come questa, resta la conferma che “questa è la Chiesa”: “magistra” fedele alla verità consegnatale e, insieme, “mater” che mai abbandona i suoi figli.

Sulla relazione tra Ernesto Buonaiuti e Don Orione si veda l'ampio capitolo di F. Peloso in Don Orione negli anni del modernismo, p.223-265.

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