In questa pagina: Don Orione and women of the twentieth century (English)
Sintesi della Relazione tenuta da Roberta Fossati al Convegno DON ORIONE E IL NOVECENTO
Aa.Vv., Don Orione e il Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003. Atti del Convegno alla Pontificia Università Lateranense (Roma, 1-3- marzo 2002), p.255-276.
Roberta Fossati è laureata in Filosofia all’Università Statale di Milano e ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dei partiti e dei movimenti politici presso l’Università degli Studi di Urbino. Si occupa di storia dei movimenti di emancipazione femminile e di storia della cultura religiosa dell’età contemporanea. Sull’intreccio fra questi due temi ha pubblicato diversi studi, fra i quali il libro Elites femminili e nuovi modelli religiosi nell’Italia tra Otto e Novecento (1997); Alice Hallgarten Franchetti e le sue iniziative alla Montesca (1987-88); Protezione degli animali e coscienza religiosa (1991-92), Modernismo e questione femminile (2000). Ha approfondito anche i problemi metodologici relativi all’utilizzo delle fonti orali e delle fonti qualitative in generale negli “Women’s studies”. Ha scritto diverse voci dell’opera Il fascismo. Dizionario di storia, personaggi, cultura, economia, fonti e dibattito storiografico (1998). E’ socia fondatrice e membro del Direttivo della Società Italiana delle Storiche.
Vedi anche: La femminilità della donna cristiana in tre scritti di Don Orione
DON ORIONE E DONNE DEL NOVECENTO
Roberta Fossati
Roberta Fossati in Aa.Vv.,
Don Orione e il Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003. Atti del Convegno alla Pontificia Università Lateranense (1-3- marzo 2002), p.255-276.
1. Nel corso della sua vita, don Luigi Orione ebbe contatti e relazioni importanti sia con alcune protagoniste della cultura emancipazionista novecentesca, sia con figure femminili non di primo piano, ma comunque significative per lo scambio spirituale che avvenne e per la collaborazione che si instaurò nella concretezza delle opere benefiche.
Il mio intervento si propone una ricognizione, quasi un censimento di questi nomi, soprattutto sul versante delle donne del laicato cattolico e di quelle non dichiaratamente cattoliche, ma comunque coinvolte da problematiche religiose.
A tal fine, mi è sembrato utile seguire una periodizzazione, che, pur semplificando, permetta di collegare nomi, relazioni e attività alle vicende storiche italiane della prima metà del Novecento.
Intenzionalmente, è rimasto escluso da questo mio studio tutto l’importante capitolo delle relazioni di Don Orione con le suore in genere e, in particolare, con le Piccole Suore Missionarie della Carità, la congregazione da lui fondata, perché già oggetto di altri approfonditi studi.
2. Si può identificare un primo periodo con l’azione svolta da don Orione all’indomani del terremoto calabro-siculo del dicembre 1908, quando egli si recò a Messina per prestare la sua opera a favore degli scampati. In un’atmosfera caratterizzata dalla grave emergenza, operavano associazioni filantropiche, prima fra tutte il Patronato Regina Elena, la cui filosofia politica improntata al laicismo appariva divergente rispetto all’azione caritativa connotata in senso cattolico. Come la lettura di alcuni documenti epistolari e memorialistici ha messo in luce, lì si realizzò una quasi inaspettata possibilità di collaborazione, in un profondo rispetto delle diversità di modi di intendere e vivere la fede cristiana, con la presidente del Patronato,
Gabriella Spalletti Rasponi. Attraverso l’incontro fra don Orione e la contessa, favorito dalla fiducia riposta in loro, rispettivamente, dal mandato di papa Pio X e della regina Elena, fu possibile attuare iniziative di assistenza alle popolazioni colpite, soprattutto nella fascia più debole, quella dei bambini rimasti orfani. L’azione comune si rinnovò nel 1915 in seguito al terremoto di Avezzano; essa fu nutrita dalla fede nel primato della “carità” da parte di don Orione, da un lato, e dalla convinzione del primato del “bene morale” da parte della Spalletti Rasponi, già partecipe a Roma negli anni di fine Ottocento dei cenacoli interconfessionali dell’Unione per il bene italiana.
Nella ricostruzione di questo periodo si disegnano anche le iniziative di alcune giovani donne, appartenenti alle élites aristocratiche e borghesi che si prodigano a favore dei terremotati, compiendo così il loro tirocinio nell’azione sociale. Molti nomi incominciano ad essere noti alla storia delle donne del primo Novecento. I documenti dell’Archivio di don Orione permettono di ampliare il quadro storiografico esistente e di mettere a fuoco altri nomi e volti, per esempio quello delle sorelle
Gina e Bice Tincani, inserite nel gruppo delle Unione donne cattoliche italiane e responsabili della formazione catechistica degli orfani. Legate dall’affetto e dalla solidarietà cristiana ad un’altra sorella, all’epoca già in convento a Vigevano come suora domenicana, la seguiranno nella vocazione religiosa negli anni seguenti.
3. Il secondo periodo di fondamentale interesse riguarda gli anni della Prima guerra mondiale, quando, in un’altra ben più estesa e tragica emergenza, gli interventi assistenziali di don Orione si diressero verso coloro che il conflitto aveva reso ancora più poveri, primi fra tutti i bambini, in particolare gli orfani, e le donne che, come è noto dalla storiografia di ogni guerra, sono destinate, nelle situazioni generalmente precarie, a reggere le sorti della vita quotidiana, garantendo un minimo di normalità.
In altri modi, lo sforzo bellico e la crisi, specialmente dopo la rotta di Caporetto, coinvolse anche le élites del nostro Paese, fino ai suoi vertici militari. In questo senso, risulta esemplare la lettura del carteggio fra la contessina
Carla Cadorna, figlia del generale Luigi Cadorna, e don Orione, che apre alcuni squarci riguardo al discusso ruolo del padre nella conduzione della guerra, e che tocca l’altalenante vicenda della crisi psichica ed esistenziale che ebbe come protagonista nel 1916 il barnabita padre Giovanni Semeria, cappellano al Comando supremo. Negli anni della guerra, inoltre, ebbero una certa consistenza le vicendevoli richieste di aiuti, mediazioni, collaborazioni fra don Orione e la contessina Cadorna, attiva nell’istituzione dei Laboratori Femminili Romani per l’Assistenza civile durante la guerra.
4. Un’attenzione specifica meriterebbero i documenti del
travagliato dopoguerra, fra i quali
uno scritto sul femminismo cattolico e il noto
“proclama alle lavoratrici delle risaie” apparso sul periodico “La Val Staffora” del 18 maggio 1919, in cui don Orione mostra insieme al suo forte senso di appartenenza alla Chiesa cattolica, una coraggiosa apertura alle istanze proprie del cattolicesimo sociale e del lavoro femminile operaio.
5. Risulta forse più complessa e richiede maggiori cautele la ricerca che concerne relazioni ed attività
nel ventennio del regime fascista nel nostro Paese; fra l’altro, per quanto riguarda in generale la storia delle donne e della cultura femminile, gli studi appaiono tuttora meno consistenti rispetto a quelli sull’età giolittiana. Riguardo a questo periodo, sono da tener presenti, inoltre, due prolungate assenze di don Orione dall’Italia. Egli è oltreoceano, in effetti, nel 1921-22 e nel 1934-37.
Lavorando su questi anni, poi, ci si imbatte nella ricostruzione di alcune biografie femminili della generazione che, giovanissima verso la fine dell’Ottocento, percorre in molti casi tutta la prima metà del Novecento. Fra queste possiamo ricordare i nomi di Adele Costa-Gnocchi, Adelaide Coari, Maria di Campello, Teresita Friedmann-Coduri e, non ultima, Ada Negri.
6. La biografia della maestra e pedagogista
Adele Costa-Gnocchi, che rielaborò i principi montessoriani nell’ambito della formazione religiosa infantile, apre più direzioni di ricerca. Don Orione e la Costa-Gnocchi si ritrovarono nell’azione concreta in favore dell’inserimento sociale di numerosi ragazzini in difficoltà: in questo campo la pedagogista fu attiva nell’operare le necessarie mediazioni con alcune aristocratiche italiane dedite alla filantropia. In questi decenni che videro casi di lacerazioni spirituali e culturali dovute agli strascichi drammatici della crisi modernista d’inizio secolo, la Costa-Gnocchi tentò anche di ritessere i legami di affetti e di fede che si erano spezzati fra Ernesto Buonaiuti e la Chiesa di Roma, sostenuta in questa azione dal prete umbro don Brizio Casciola e da don Orione.
7. Ma il caso più ricco e documentato resta probabilmente quello di
Adelaide Coari, maestra e pedagogista, che si sentì e si proclamò sempre del tutto cattolica e pienamente “emancipazionista”. Il primo incontro con don Orione avvenne nel 1911, in un momento di crisi spirituale per la maestra milanese; l’amicizia e la stima si rinforzarono nel periodo dell’assistenza ai militari e alle popolazioni durante la Grande guerra. E’ noto che risulta centrale nella biografia della Coari, oltre al periodo di “Pensiero e Azione” e della sua partecipazione al Fascio femminile democratico-cristiano dei primi del secolo, la sua attività nel “Cenacolo di Lentate” (dal 1925) e nel “Gruppo d’Azione per le Scuole del Popolo” (dal 1926), esperienze che vennero bruscamente interrotte per ordine del partito fascista nel 1934 e il cui studio rimanda a quello dei rapporti fra gruppi e associazioni cattoliche da un lato e regime mussoliniano dall’altro, dopo la Conciliazione del 1929.
La Coari prestò la sua testimonianza al processo di beatificazione di don Orione: questi documenti, insieme a numerosi altri di tipo autobiografico (lettere, diari, memorie) solo in parte editi, ci parlano delle diverse occasioni di incontro e di scambio con don Orione, fino alla nascita di veri progetti di lavoro comune. Alla Coari fu più volte affidata la delicata gestione di alcune opere orionine. Entrambi proseguirono in quegli anni nell’azione sociale sorretta da un’aperta manifestazione della fede, venendo infine in qualche modo a patti con il fascismo, probabilmente per poter proseguire nel loro lavoro, ma con una diffidenza di fondo, un senso critico mai spento, verso le sue pretese di costituire un orizzonte egemonico e totalizzante.
8. C’è poi un capitolo che riguarda le
numerose figure femminili di benefattrici e beneficate, che ci rivelano l’esistenza di un’intensa corrente di empatia, fiducia, generosità, ricerca del senso autentico della “carità” che scorreva in entrambe le direzioni. Fra i tanti nomi di benefattrici che i documenti archivistici conservano, ricordiamo qui, per esempio, quello di
Angela Solari vedova
Queirolo, “la più grande benefattrice del Cottolengo genovese”, con la quale don Orione rimase in contatto epistolare anche durante i periodi trascorsi oltreoceano.
Risalta invece nel caso di
Maria Gambaro, appartenente ad una nobile famiglia di benefattori, sempre genovesi, la sensibilità di don Orione agli aspetti personali, già messa in luce dai suoi biografi, che lo descrivono attento e generoso su questo piano. Solitudine, depressione, difficoltà soggettive e familiari nel percorso di una vita femminile che stenta a trovare la sua strada in una vocazione certa, trovano accoglienza in don Orione, che non le nega, non le sottovaluta, proponendole però di trasfigurarle in una prospettiva di fede.
9. Buona parte delle figure femminili fin qui citate rientrano in quel vasto quadro di attivismo, di generosa dedizione al lavoro sociale, soprattutto assistenziale e pedagogico, che caratterizzò a partire dall’età giolittiana la cultura femminile italiana; sia nelle sue componenti dichiaratamente laiche sia in quelle del “femminismo cristiano”, esse si mostravano tese alla ricerca di una precisazione dei diritti e dei doveri che avrebbero dovuto formare la “donna nuova”.
Mi sembra dunque che don Orione potesse ben incontrarsi con questi propositi di azione sociale attenta alle necessità dei più poveri e deprivati. Ma egli manifestò un’altra, forte esigenza spirituale, che esiste sempre, anche in periodi di grande attivismo, in alcune personalità particolari: infatti, come è noto, egli additò la possibilità ad alcuni fra quelli (e quelle) che percorsero un cammino al suo fianco, di una via “mistica”, addirittura eremitica.
10. Forse in questa chiave può essere letto l’aiuto, prudente ma generoso, che egli accettò di dare all’esperienza di
“Maria Minore”, al secolo
Valeria Pignetti, fondatrice nel 1926 del discusso Eremo di Campello in Umbria ed amica e grande estimatrice di Ernesto Buonaiuti. La storia di questa complessa relazione è stata illuminata dalla recente pubblicazione del carteggio. Colpisce come, nonostante alcune profonde affinità spirituali, la mediazione e il sostegno che don Orione offrì, più volte sollecitato da Maria, per il proseguimento sereno dell’esperienza dell’Eremo di Campello non abolisse nei due interlocutori la consapevolezza delle differenze, delle distanze, ma come fosse viva in tutti e due la convinzione che la radice capace di salvare ogni rapporto umano si trovi alla fine soltanto, come entrambi amavano ripetere, “in Domino”.
11. Si potrebbe allargare il discorso all’attenzione che don Orione ebbe per i “lontani” e, potremmo dire, le “lontane” dalla vita attiva nella Chiesa, come per esempio la poetessa
Ada Negri: lo stanno a testimoniare alcune lettere di quest’ultima e gli appunti della Coari. Documenti che, inoltre, dal punto di vista della ricostruzione della storia delle donne, contribuiscono a confermare l’effettiva esistenza di una fitta rete di relazioni che unì molte protagoniste dell’emancipazionismo di primo Novecento, prolungandosi, in altri contesti e con altri sfondi, nei decenni successivi, durante i quali alcune vissero nella fede cattolica e all’interno della sua pratica, altre proseguirono in modi più individuali la loro ricerca religiosa. Emblematici, in questo senso, sono i nomi di
Teresita Friedmann-Coduri, presente ad inizio secolo nell’Unione per il bene e collaboratrice della rivista milanese “In Cammino”, o di
Angiolina Dotti, una delle fondatrici della già citata rivista “Pensiero e Azione”, che si rivela orientata, nella sua vecchiaia, verso il protestantesimo.
12. Si è qui parlato delle donne, appartenenti a svariate classi sociali, con le quali don Orione ebbe i suoi rapporti più profondi e significativi. Un capitolo a parte, cui dedico questo breve cenno, potrebbe riguardare il tema della presenza della
madre Carolina Feltri nella sua infanzia e nella sua vita in generale. Vorrei solo non dimenticare, come le biografie a lui dedicate hanno messo in luce, che egli crebbe in una famiglia povera e che, non a caso, nelle sue numerosissime iniziative, fu esemplare nel saper utilizzare anche scarse risorse per ottenerne il massimo benessere per gli altri, a partire dai più deprivati; fu capace, in altre parole, di realizzare così quel “lavoro di cura” che la sociologia contemporanea considera una delle migliori capacità femminili e che, effettivamente, non può che essere trasmesso per “via materna”.
DON ORIONE AND WOMEN
OF THE TWENTIETH CENTURY
Roberta Fossati
An abridged version of the key note address given at the Conference "Don Orione and the Nineteenth Century", held at the Pontifical Lateran University, Rome, 1 - 3 March 2002
1. In the course of his life, Don Luigi Orione corresponded and had important dealings with some of the women involved in the twentieth century culture of emancipation and also with women not so famous, but who were nevertheless significant because of the spiritual exchange which occurred and the co-operation which ensued in the setting up of charitable works.
My speech intends to acknowledge, as if making almost a census, above all of the women on the catholic side and those not openly catholic, but still involved in religious issues.
To this end, I think it is useful, first of all, to outline the historical context, which, even sketchily, allows us to connect names, relations and actions to the historical events of Italy in the first half of the twentieth century. Intentionally, I excluded from this research the whole and important chapter of the relations of Don Orione with religious sisters in general, and in particular, with the Little Missionary Sisters of Charity, the congregation he founded, because they are already the subject of detailed study.
2.
One can envision a first period concerning the work done by Don Orione in the aftermath of the Sicilian- Calabrian earthquake of December 1908, when he went to Messina in order to offer his services to help the survivors. In an atmosphere of serious emergency there were operating philanthropic organisations, first of all the Patronato Queen Helena: its philosophy and political perspective were rooted on secular outlook and thus at odds with the charitable action marked by a catholic vision.
As the study of some documents, letters and memoirs has highlighted, there came into existence an almost unexpected possibility of co-operation, in a deep respect for the diversity of ways of intending and living the Christian faith, with the president of the Patronato, Gabriella Spalletti Rasponi. Through the encounter between Don Orione and the countess, favoured by the trust they enjoyed, respectively from Pope Pius X and Queen Helena, it became possible to put into action plans of assistance to the stricken populations, above all among the weakest sector, the children who had been orphaned. The joint action was renewed in 1915, after the earthquake of Avezzano; it was nourished by faith in the primacy of "charity" on the part of Don Orione, on the one hand, and, on the other hand, by the conviction of the primacy of "moral good" on the part of Spalletti Rasponi, who had participated at Rome, in the last years of the nineteenth century, in inter-confessional cenacles of the Italian Union for the Good.
In the reconstruction of this period, there appear also the initiatives of some young women, belonging to the aristocratic classes and to the bourgeoisie, who did all they could for the earthquake victims, thus accomplishing their initiation in social action. Many names begin to be known in the history of women of the first years of the twentieth century. The documents in the Don Orione Archives allow us to widen the existing historical picture and to underline other names and people, for example those of the two sisters,
Gina and Bice Tincani. They were members of the Union of Italian Catholic Women and responsible for the catechetical formation of the orphans. Bound by love and Christian solidarity to another sister, already a Dominican nun in the convent of Vigevano, they followed her example by embracing religious life in the succeeding years.
3.
The second period of fundamental interest concerns the years of the First World War, when, at a time of a different and more widespread emergency, the charitable initiatives of Don Orione were directed towards those whom a conflict always renders poorer, first all the children, in particular orphans, and women. As is well known from the history of any war, women are foreordained, in generally unsettled situations, to take charge of everyday life, guaranteeing a minimum of normality.
In other ways, the war struggle and the crisis, especially after the debacle of Caporettto, affected even the elite of our country, up to the top tiers of the military echelon. In this sense, the correspondence between Countess
Carla Cadorna, daughter to General Luigi Cadorna, and Don Orione, is revealing.
The exchange of letters takes the veil off some of the issues concerning the much debated role of the father in the conduct of the war, and it touches upon the ups and downs of the mental and existential crisis afflicting, Barnabite Father Giovanni Semeria, chaplain of the Supreme Command, in 1916.
During the war, moreover, there was a certain continuity of mutual requests for help, mediations and co-operation between Don Orione and countess Cadorna, who was working in the Roman Women Workshops for the civilian assistance.
4. We should also pay specific attention to the documents of the
troubled after war period, among which there are a writing on catholic feminism and the well known "Proclamation to the rice field workers", published in the periodical "La Val Staffora" of the 18th May 1919, in which Don Orione shows, together with his strong sense of belonging to the Catholic Church, also a courageous approach to the typical demands of social Catholicism and the work of women employees.
5. Much more complex and requiring greater circumspection is the research concerning the relations and actions during
the twenty year period of the fascist rule in our Country; in fact, for what concerns the history of women in general and feminine culture, the studies done so far are less consistent than those pertaining to the Giolitti period. Moreover, we should recall that during this time Don Orione was twice away from Italy. In fact he was in South America from 1921-22 and 1934-37.
Looking at these years, moreover, we come across the development of the lives of some women belonging to a generation which, very young towards the end of the nineteenth century, covers, in many cases, the whole first half of the Twentieth. Among them we can remember the names of Adele Costa-Gnocchi, Adelaide Coari, Maria di Campello, Teresita Friedmann-Coduri, and last but not least, Ada Negri.
6. The life of the teacher and child education expert
Adele Costa Gnocchi, who adapted the Montessori principle to the religious formation of children, opens up more than one research avenue. Don Orione and Costa-Gnocchi found themselves together in the concrete action of the social reintegration of many young boys in crisis: in this field the child expert was active in the work of liasing with some women of the Italian aristocracy who practised philanthropy. In these decades, which saw also instances of the spiritual and cultural wounds due to the dramatic legacy of the modernist crisis of the first years of the century, Costa-Gnocchi tried also to re-establish the bonds of affection and faith which had broken down between Ernesto Bonaiuti and the Church of Rome, sustained in this action by a priest from Umbria, Father Brizio Casciola, and by don Orione.
7. But the more interesting and better documented case is probably that of
Adelaide Coari, teacher and child psychologist, who felt and always declared herself fully catholic and wholly in favour of "emancipation". The first meeting with Don Orione occurred in 1911, a time of spiritual crisis for the Milanese teacher; friendship and respect increased through the work of giving assistance to the soldiers and to the public during the Great War. Central to the life of Coari, besides the time of "Pensiero e Azione
(Thought and Action)" and of her participation in the Women's Christian Democratic Fascio of the beginning of the century, was her work in the "Cenacle of Lentate" (from 1925) and in the "Action Group for Peoples's Schools" (from 1926). These were closed down all of a sudden by order of the fascist party in 1934. The study of the question points to the relationship between catholic groups and associations on the one hand and the Mussolini regime on the other, after the Lateran Treaty of 1929.
Coari gave evidence at process of beatification of Don Orione: these documents, together with many others of autobiographical nature (letters, journals, memoirs), only partially edited, tell us of the different occasions of meetings and exchanges with Don Orione, leading up to the birth of real plans for working together. Coari was often entrusted the careful management of some works of Don Orione. Both continued, at that time, to be occupied in social action sustained by an open manifestation of the faith, and arrived, at the end, to a kind of accommodation with fascism, probably only in order to be able to continue in their work, but with a deep seated mistrust, a never dimmed critical attitude regarding its pretensions to build a centralised and totalitarian future.
8. There is a whole chapter concerning the
many other women, both benefactresses and (those who benefited) on the receiving end of help. Their stories reveal the existence of a highly charged flow of empathy, trust, generosity, search for the authentic meaning of "charity", which ran in both directions. Among the many names of benefactresses which the archive records chronicle, we recall here, for instance, that of
Angela Solari, a widow, formerly
Mrs Queirolo, "the greatest benefactress of the Cottolengo of Genoa", with whom Don Orione corresponded even when he was in South America. There stands out instead, in the case of
Maria Gambaro, belonging to a noble family of benefactors, again from Genoa, the attention of Don Orione to personal aspects, already highlighted by his biographers, who speak of him as mindful and generous in this regard. Loneliness, depression, personal and family difficulties in the course of a woman's life who find it hard to locate the road of a sure vocation, are welcomed by Don Orione, who does not deny or undervalue them, but proposes to transfigure them in a vision of faith.
9. Many of the individual women so far mentioned belong to that vast framework of involvement, of generous dedication to social work, above all towards care and children, which was a characteristic of the Italian woman's culture from the beginning of the Giolitti era. Both, in the openly secular elements as well as in those of "Christian feminism", they showed themselves committed to searching for a clarification of the rights and duties which would have made up the "new woman".
I think therefore that Don Orione can be well at home in these intentions of social action, directed to the needs of the most poor and deprived. But he also manifested another, strong spiritual need, which is always there, even in the times of greater social work, in some particular individuals: in fact, as it is well known, he pointed to the possibility that some among those (men and women) who walked alongside him, would embrace a "mystical" way of life, or even heremitical.
10. Maybe, in this context, one can situate the prudent but generous help which he accepted to give to the enterprise of
"Maria Minor", born
Valeria Pignetti, foundress in 1926 of the controversial Hermitage of Campello in Umbria, friend and great admirer of Ernesto Bonaiuti. The history of this complex relationship was made clearer by the recent publication of the correspondence. It is interesting to note, how, notwithstanding some deeply spiritual similarities, the mediation and support that Don Orione offered, often requested by Maria, for the peaceful continuation of the experience of the hermitage of Campello, did not wipe out in the two interlocutors the awareness of the differences, of the gaps, but also how both of them were convinced that the root capable of saving every human relationship can be found at the end, only, as both loved to repeat, "in Domino".
11. We could broaden our outlook to the attention that Don Orione had for those "far away" and, we could affirm, the "far away women", away from the active life of the Church, as for instance, the poetess
Ada Negri: some letter of hers and the notes taken by Coari testify to it. Documents that, moreover, from the point of view of reconstructing the history of women, contribute to prove the existence of a thick network of relationships which united many of the emancipation activists of the early twentieth century, continued in different contexts and with other backgrounds, in the decades that followed, during which some lived in and practised the catholic faith, others pursued the religious search in more individual ways. Emblematic, in this sense, are the names of
Teresita Friedmann-Coduri, a member, at the beginning of the century, of the Union for the good and contributor to the Milanese review "In Cammino
(On the way)", or of
Angiolina Dotti, one of the founders of the above mentioned review "Pensiero e Azione", who appears oriented, in her old age, towards Protestantism.
12. Here we have spoken about women, belonging to various social classes, with whom Don Orione had the most deep and significant dealings. A chapter apart would be, as I briefly like to mention, the theme of the presence of his
mother, Carolina Feltri, in his infancy and in his life in general. I simply would like not to overlook, and in fact the lives written of him have highlighted, that he grew up in a poor family and that, not by chance, in his most numerous initiatives, the mother was exemplar in the use of scarce resources to obtain the maximum benefit for others, starting from the most needy. He was able, in other words, to realise in this way that "caring work" which contemporary sociology considers one of the best feminine qualities and which, effectively, can only be transmitted through the "mother".