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Don Orione e donne del Novecento (IT) - Don Orione and women of the twentieth century (EN)" /> Parrocchia Mater Dei.
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Autore: Don Orione (note di Don Flavio Peloso)

In tre scritti a donne, in tempi e contesti diversi, Don Orione lascia alcune pennellate della donna cristiana secondo la sua sensibilità carismatica.

Si veda, di Roberta Fossati, Don Orione e donne del Novecento (IT) - Don Orione and women of the twentieth century (EN)


DONNA , FAMIGLIA , SOCIETÀ

Lo scritto di Don Orione sul femminismo cattolico, che ci è giunto sotto forma di una minuta di sei pagine, e che risale con ogni probabilità alla soglia degli anni Venti; doveva servire probabilmente per una conferenza o per un articolo e ci rivela la sua attenzione verso la questione femminile, considerata un aspetto fondamentale della più ampia questione sociale, che va affrontata con consapevolezza e realismo.

Dalla questione femminile la sua attenzione si sposta sul tema della famiglia, sui sintomi allarmanti di una sua crisi e sull'ideale della famiglia cristiana, riproposto come via di rigenerazione morale.

Scritti 61, p.115-116

 

Simile ad uno scolaro che lascia il collegio per andare in vacanza, dopo un lungo anno di reclusione, la donna si è trovata, dopo le più recenti invenzioni e specialmente durante questa lunga guerra, si è trovata lanciata in una vita di libertà, di movimento e anche di lavori che non aveva mai conosciuto.

La donna sino a ieri era rinchiusa nello stretto cerchio della vita della famiglia, e quelle che ne uscivano erano un'eccezione.

Oggi la donna entra da per tutto. Le donne del popolo entrano nelle fabbriche, ove non si richiede che destrezza e intelligenza, essendo la forza muscolare rimpiazzata dalla forza motrice della macchina. Oggi poi una quantità di nuovi impieghi sono dati alle donne: le Scuole Elementari anche maschili e Superiori; sono date alle donne le Scuole Tecniche, i Ginnasi, i Licei, le Università sono aperte alle Professoresse; uffici di posta, di telefono, di telegrafo, esattorie, libri di conti, casse, tram elettrici, fattorine, ecc. tutti posti che avvezzano la donna a lavorare fuori di casa, a fare da sé, a entrare in competenza coll'uomo, ad essergli preferita; onde una nuova situazione sociale.

La donna è divenuta la maggioranza in tutti i paesi, e le donne non maritate saranno domani in Italia, le più numerose.

È cristiano, è caritatevole occuparsi del femminismo o meglio della famiglia cristiana.

L'attacco contro questa fortezza sociale che è la famiglia cristiana, custodita e mantenuta dall'indissolubilità del matrimonio, ora latente ancora, vedete che domani diventerà furioso.

Il femminismo è una parte ed importantissima della questione sociale, e il nostro torto, o cattolici, è quello di non averlo compreso subito. Fu grande errore .

Il giorno in cui la donna, liberata da tutto ciò che chiamiamo la sua schiavitù, madre a piacer suo, sposa senza marito, senza alcun dovere verso chicchessia, quel giorno la società crollerà più spaventosamente all'anarchia più che non abbia crollato la Russia al bolscevismo.

Troppa poca gente ancora comprende la questione femminista. Confessiamolo francamente, noi cattolici abbiamo trattato il femminismo con una leggerezza deplorevole. Si vanno ancora oggi ripetendo dai più severi i vecchi scherzi di Molière, le spiritosaggini dei Gaudissarts. Ma noi qui vediamo che il ridicolo non ammazza nulla, e meno che meno il femminismo. Esso si è insinuato da per tutto, formando leghe e comitati, ispirando riviste e giornali, trattando tutte le questioni che interessano la donna.

 

DONNA COSÌ

  Il matrimonio è ritenuto nell'insegnamento della Chiesa, nella tradizione e anche nel diritto (canone 1055) un “consortium totius vitae” che sviluppa quel “familiaris consortium” che sta alla base della famiglia . Ma “tutta la vita cristiana porta il segno dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1617).

Don Orione spesso si diresse a donne con il consiglio, lo scritto, la collaborazione. Sempre colloca la loro dignità, bellezza e spiritualità nel contesto del matrimonio. In una lettera del 1916, ad una giovane in procinto di sposarsi, delinea alcuni essenziali tratti di identità femminile cristiana. È nella linea classica della formazione cristiana, però con quelle sottolineature di carità e di aiuto alla vita debole tipiche del suo carisma “al femminile”.

Scritti 46, 136-137.

 

Roma, 10.1.1916

Anime e Anime!

Buona Figliuola del Signore, seguite tranquilla il consiglio delle due persone nominate in fine della vostra lettera.

Gesù Cristo, volendo santificare le famiglie, elevò il matrimonio cristiano, che era già di divina istituzione, alla dignità di Sacramento. La sposa cristiana deve ricordarsi sempre che il suo stato è sacro, e che nulla mai deve operare che non sia di tale stato.

Per adempiere le obbligazioni del proprio stato è neces­sario osservare costantemente un animo tranquillo e una mente serena. Niuna perturbazione entri in voi. Prendete le avversi­tà con perfetta rassegnazione; evitate soprattutto la pertur­bazione dell'ira, ma non confondete però l'ira con lo zelo, il quale è lodevole, quando sia puro.

Distaccate il vostro cuore da ogni vanità: questa rende la donna leggera, e diminuisce il merito delle buone azioni.

Date buon esempio: è la prima vostra missione. La seconda sarà quella che eserciterete con le parole. Il pensiero prece­da la lingua.

Colla dolcezza del vostro parlare guadagnerete i cuori; colla riservatezza vi procaccerete autorità; collo spirito di pietà, di ritiratezza e di santità edificherete la vostra casa.

Le vostre occupazioni domestiche siano i vostri più cari divertimenti.

Se sarete sposa, ricordatevi, o buona figliuola del Signore, che dovete esserlo non per divertirvi, ma per adempi­ere gravi doveri, e per santificare voi stessa e gli altri, e specialmente colui che Iddio vi darà a compagno e conforto della vostra vita.

Siate caritatevole con tutti, non solo in famiglia, ma anche con quei di fuori. Da per tutto dove c'è afflizione, porterete consolazione; dove c'è miseria, soccorso morale e materiale; dove ci siano animi abbattuti, date incoraggiamen­to. Buona figliuola del Signore, non vi passi davanti una sventura che voi non la allegeriate almeno col desiderio. Amate di stare più con quei che piangono che non con quelli che ridono.

L'orazione accompagni tutti i vostri passi, e pregate prima per lui che per voi. Siate fedele ai vostri esercizi di pietà, ma senza che essi vi impediscano i doveri di subordina­zione al marito.

Dopo gli esercizi di pietà, le cure di famiglia, le opere di carità, trovate qualche po' di tempo per coltivare anche il vostro spirito colla lettura e collo studio, e amate la scien­za, le lettere e le arti. Ma state sommamente attenta nella scelta delle letture; aborrite dai libri cattivi e dai giorna­li non buoni, e anche solamente dalle letture vane.

Rendetevi famigliare la lettura dei santi Evangeli, l'Imitazione di Gesù Cristo, il Combattimento spirituale e la Filotea di San Francesco di Sales; e in questi formate voi stessa.

E Iddio vi benedica, e vi dia grande e figliale devozione alla Madonna SS., alla Santa Chiesa, Madre della fede, che tanto ci illumina e ci conforta, e Madre altresì delle anime nostre.

Vi benedico da povero Sacerdote di Gesù Cristo, nel Nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. Amen.

Con ossequio. Dev.mo in Cristo

Sac. Luigi Orione

della Divina Provvidenza

 

 

ESORTAZIONE ALLA SPERANZA E ALLA GIOIA

Questa lettera, diretta a Ida Gallarati Scotti, una donna dell'aristocrazia milanese, è stata scritta da Don Orione al mattino stesso del giorno della sua morte, avvenuta quella sera, alle 22.45 del 12 marzo 1940.

Da sacerdote, si china sui suoi scoraggiamenti, ne sostiene la fede, la esorta alla speranza e alla gioia per reagire a fatti e sentimenti depressivi. Don Orione, oppresso dall'angina pectoris e da tanti problemi, avvertiva “questa mia vita è attaccata ad un filo e che tutti i momenti possono essere gli ultimi”, però sa trasmettere ancora pace e “gaiezza” dello spirito, tanto da sorridere delle cose serie che scriveva a quell'anima in pena: “che predicone, signora Contessa!”.

Scritti 44, 145-146.

 

 

Anime! Anime!

San Remo, 12 marzo 1940 - XIV

Nobile Signora (Ida Gallarati Scotti)

Ricevo il suo gradito biglietto. Sono qui da tre giorni e va meglio. Grazie delle preghiere per la mia salute. Iddio rimeriti largamente.

All'ottima Sua Maria Luisa, mando una speciale benedizio­ne. Prego per tutti i suoi Cari, Signora Contessa, e in parti­colare per Lei perché Iddio allontani dal suo spirito ogni nube di tristezza, e Le dia quella serenità d'animo di cui una Mamma tanto abbisogna per riempire di sè e confortare tutta la sua casa, e nel caso suo per crescere sempre più nella luce della fede e forti nelle virtù cristiane le sue belle bimbe.

Che Dio rinsaldi ogni dì di più l'e­dificio religi­oso della sua vita, Signora Contessa, con la divina base della fede, com'è detto nelle Sacre Scritture che "il giusto vive di fede".

Gli ecces­sivi tratti di bontà, di amore che Iddio ha usato verso di noi, superano la nostra ragi­one, ma questo, Signora Contessa, non deve essere motivo di dubbio, ma nuovo argomento della loro verità, e nuovo impegno da parte nostra di prestarvi interissima fede.

Né per credere è necessario Ella abbia la soluzione di tutti i dubbi che le possono nascere nella mente contro le verità particolari della Fede, oh no! né l'Angelico né Agosti­no ci arrivarono.

Ella, Signora Contessa, voglia dare ascolto a questo povero Sacerdote, che Le scrive: confidi grandemente nella bontà del Signore, nella grazia e misericordia di Gesù Cristo Nostro Signore; poi, Signora Contessa, elevi ogni tanto il suo spirito a Dio, e dica a Lui: Signore voglio oggi e sempre riposare sul Tuo paterno cuore, e tra le braccia della Santa Chiesa Madre dei Santi e anche della mia fede e della mia anima.

Ingrandisca la Fede i nostri cuori, la Fede che é sostan­za delle cose che abbiamo a sperare, che ha ispirato tutto che è grande nella vita e nella civiltà.

Fede! Fede! O, non è Dante che sublimamente canta la Fede nel passo di S. Paolo agli Ebrei?

"Fede è sustanzia di cose sperate

ed argomento delle non parventi

e questa pare a me sua guiditate."

Sì, la fede è virtù basilare, è sostanziale fondamento, sul quale si basa la speranza della beatitudine, che è piena di immortalità.

Fede è argomento, dimostrazione e lume onde l'intelletto è condotto a credere quelle verità che con le naturali sue forze non potrebbe comprendere.

E che la nostra speranza in Dio, non abbia confine; tutto possiamo sperare da Dio, in umiltà, amore e fiducia grande.

Dio è il padre celeste che tutto può e tutto vuol darci, purché lo preghiamo e lo amiamo, in semplicità e abbandono come pargoli.

Si direbbe che il Signore ci voglia, in un certo senso, sempre bambini, sempre lieti, sereni.

Proprio così, il Signore si ama e si serve in santa letizia, non nella tristezza, ond'è che S.Francesco di Sales non credeva alla santità melanconica e triste, e soleva dire "Santo triste, tristo Santo".

Francesco d'Assisi poi non voleva solo la letizia, ma la perfetta letizia.

Ho conosciuto Don Bosco, era sempre allegro e di buon umore , anche quando gli levarono la Messa.

E Santa Teresa diceva: " niente ti turbi ".

Così erano i nostri fratelli Santi, e così dobbiamo sforzarci, vincerci ed essere pure noi: sempre contenti e lieti nel Signore!

E come non si potrebbe essere pieni di santa letizia se il Signore è vicino a noi e in noi? "Scrupoli e malinconie, via da casa mia", diceva S. Filippo.

Via, dunque, ogni tristezza, Signora contessa, via ogni nube, ogni fantasia, ogni pensiero che non porta pace allo spirito, ma inquietudine e turbamento: quelle idee, quei pensieri non sono da Dio , ma del nemico di ogni pace e di ogni bene. Stiamo tranquilli, sereni e riposiamo dunque fidenti nella mano del Signore.

E raccomandiamoci a Maria SS. Madre di consolazione e di ogni pace.

Che predicone, Signora Contessa, che predicone! Meno male che siamo in Quaresima! Valga per tutte le volte che non Le ho risposto.

La conforto dunque, e La ossequio, e La prego di porgere i miei ossequi, pieni di grato animo, a suo Marito.

Invoco amplissima sulla Loro Casa la benedizione di Dio, e buona Pasqua!

Umile servitore in Cristo

Don L. Orione

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